Un curriculum robusto che lo ha portato ad insegnare nelle Università di Oxford e in quella americana dell’Illinois. Pierpaolo Sileri, oggi Sottosegretario alla salute dopo la prima esperienza come vice ministro nello stesso dicastero e all’inizio della legislatura presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, si è laureato all’Università di Tor Vergata dove ha conseguito la specializzazione in Chirurgia dell'apparato digerente nel 2004 e un dottorato di ricerca in Robotica e scienze informatiche applicate alla chirurgia nel 2005.

Si è perfezionato negli Stati Uniti e, a seguito delle sue riconosciute capacità nell'attività clinica, è stato coinvolto in quasi duemila interventi di chirurgia generale e più di ottomila endoscopie. In virtù di questa esperienza sul campo, ha collezionato quasi 190 pubblicazioni nazionali e internazionali ed è stato chiamato per delicati interventi chirurgici anche presso l’Ospedale John Radcliffe Hospital, a Oxford, una delle strutture più importanti al mondo.

La carriera accademica di Sileri trova un'ennesima consacrazione nel 2019, quando viene nominato Professore Associato di Medicina del ramo universitario del polo d'eccellenza di Milano, il San Raffaele, dopo aver vinto il concorso bandito nel 2016.

Porta il suo nome la legge approvata a febbraio 2020 sulle "Norme in materia di disposizione del proprio corpo e dei tessuti post mortem a fini di studio, di formazione e di ricerca scientifica".

Ma Sileri si è impegnato fin da subito anche sulla tematica della salute femminile, portando avanti la proposta di una adeguata ricerca scientifica e di una formazione specifica per i medici sul tema dell'endometriosi.

Fin dai primi mesi della pandemia, è diventato un volto noto per la sua capacità di informare con chiarezza e trasparenza garantendo una presenza mediatica pacata e istituzionale. Ma pochi forse sanno che per ben due volte si è recato di persona a Wuhan a riportare a casa i nostri connazionali bloccati dal virus a febbraio 2020.

Sottosegretario, le pesa alla lunga continuare con la stessa energia a esporsi mediaticamente, come fa ormai a cadenza quasi quotidiana?

“No, perché credo che faccia parte dei doveri delle istituzioni rendere conto ai cittadini di quello che viene fatto. In quanto medico, inoltre, comprendo bene l’importanza che la comunicazione e l’informazione corretta rivestono sulle tematiche di salute. Questo vale soprattutto in tempi di emergenza, come quello che stiamo vivendo da circa due anni a questa parte. Se non spieghiamo bene ai cittadini cosa sta succedendo e cosa stiamo facendo al riguardo, tutti i nostri sforzi contro il virus rischiano di essere vanificati”.

Si riferisce ai vaccini e all’applicazione del Green Pass?

“Mi riferisco a tutti gli aspetti di questa pandemia. Vaccini e Green Pass compresi. Credo che bisogna lavorare tanto sulla comunicazione per far capire bene alla popolazione l’importanza della vaccinazione, che rappresenta oggi la migliore arma che abbiamo contro questo virus. È come se fosse un dialogo medico-paziente esteso a tutti i cittadini italiani”.

L’estensione dell’utilizzo del Green Pass serve a incentivare la popolazione a vaccinarsi?

“In realtà lo considero uno strumento importante che abbiamo a disposizione per non dover chiudere tutto di nuovo. Perché non solo garantisce di rimanere aperti in sicurezza, ma anche perché rappresenta un formidabile mezzo di screening. Il Green Pass, infatti, non si ottiene solo con la vaccinazione, ma anche tramite tampone. Questo consente di individuare casi positivi non legati ad alcuna catena di contagio, evitando in questo modo di innescarne di nuove”.

C’è però qualcuno che nutre ancora dei dubbi. Considerato che nessuno sa come evolverà la malattia, c’è allo studio la possibilità di rendere obbligatoria la vaccinazione?

“Credo e spero che non ce ne sia mai bisogno. Oggi, ad esempio, non abbiamo la necessità di istituire l’obbligo vaccinale. La campagna di vaccinazione sta continuando ad andare bene e sono fiducioso che con una corretta comunicazione sarà possibile convincere gli indecisi a vaccinarsi. L’obbligo vaccinale deve essere una misura da considerare solo in estrema ratio, cioè se la situazione epidemiologica dovesse peggiorare e nel caso in cui la campagna vaccinale iniziasse a rallentare”.

C’è questo rischio?

“Non posso escluderlo, ma sono fiducioso che entro la fine di settembre si riuscirà a raggiungere la soglia del 70-80% della popolazione vaccinabile, cioè delle persone con più di 12 anni d’età, vaccinata. A quel punto il SARS-CoV-2 sarà messo ancora più alle strette. È così che riusciremo a trasformare questo virus da pandemico a endemico”.

E le terapie? A che punto siamo?

“La ricerca sta andando avanti. Si sta lavorando sullo sviluppo di nuovi antivirali e sono convinto che non molto tardi avremo nuove terapie a disposizione. Tuttavia, continuo a rimanere dell’idea che è molto meglio non arrivare a stadi della malattia avanzati. Perché dobbiamo metterci nelle condizioni di dover trattare una persona che potrebbe avere effetti duraturi, quelli ad esempio noti del ‘long Covid’, quando invece abbiamo già un modo per prevenirla, cioè con la vaccinazione? Ribadisco: la vaccinazione è il mezzo per tornare alla normalità in tutto il mondo".

Un anno di studi e di osservazioni sul comportamento del virus può bastare per non commettere più errori nel futuro come quelli che si sono visti l’anno scorso anche da parte di Organizzazioni molto qualificate?

“Spero di sì. Dalla pandemia abbiamo imparato certamente molte cose. Ci sono stati degli errori, alcuni evitabili e altri forse no. Ma quello che sicuramente dobbiamo fare è prepararci in ‘tempi di pace’ a nuove possibili future emergenze. Non possiamo più farci trovare impreparati. In questo giocano un ruolo cruciale la disponibilità di strumenti ma soprattutto la formazione continua del personale sanitario e l’adeguato capitale umano”.

Qual è il suo segreto per un consenso così ampio dai colleghi di Camera e Senato?

“Questo non lo so. Se sono apprezzato mi fa sicuramente molto piacere. Mi limito semplicemente a svolgere al meglio delle mie possibilità il mio lavoro. Applico il buon senso e mi piace approfondire ogni aspetto e tematica prima di esprimermi, ascoltando tutti i punti di vista e valutandoli in modo critico. Faccio anche molta autocritica su quello che ogni giorno posso fare meglio. È il mio approccio clinico, o semplicemente questione di metodo che cerco di applicare in tutto, anche nelle piccole cose della vita privata”.

Come Sottosegretario e come medico, può dare ai lettori un decalogo semplice, sintetico e comprensibile a tutti sulle cose più importanti da sapere relativamente al coronavirus?

“Uno: il virus Sars-CoV-2 è dinamico. Due: di conseguenza dobbiamo stare al passo ed esser pronti a cambiare la nostra strategia di difesa. Tre: dobbiamo fidarci di quello che dice la scienza, quella vera! Quattro: quindi vacciniamoci. Cinque: i vaccini sono sicuri. Sei: i vaccini sono efficaci tanto che la doppia dose ci protegge dalla variante Delta, quella oggi dominante. Sette: vacciniamoci prima per proteggere noi stessi e poi per proteggere anche i nostri cari. Otto: mascherina sempre in tasca pronta da indossare in situazioni di assembramento anche all’aperto. Nove: distanziamento e igiene delle mani. Dieci: coraggio, il peggio è già alle spalle”.

L.P.

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