Il “romanzo Quirinale” si è chiuso dopo una settimana e decine di nomi bruciati (soprattutto da destra). Da Mattarella a Mattarella, con Draghi che resta a Palazzo Chigi e la continuità istituzionale assicurata almeno per un altro anno. Solo quella istituzionale però, perché i sei giorni e le otto votazioni necessarie per eleggere il Presidente della Repubblica hanno provocato sconquassi politici non da poco. 

Ma come si sono mossi i vari protagonisti delle trattative? Sufficienze poche, perché senza nulla togliere a quel grande Capo dello Stato che è stato e sarà Sergio Mattarella, andavano trovate delle soluzioni per evitare un nuovo bis, che da eccezione ora sta diventando una regola.

Sergio Mattarella 10: Aveva già traslocato e più volte ripetuto di non essere disponibile a un bis. Alla fine, obtorto collo, ha dovuto accettare dimostrando un grande senso delle istituzioni. La partita non si sbloccava e le liti potevano ripercuotersi sul governo portando a elezioni anticipate in un momento delicatissimo dal punto di vista sanitario, sociale ed economico, come ha ricordato nella sua breve dichiarazione dal Quirinale. Così, quando Draghi ha alzato la cornetta e gli ha chiesto di restare “per il bene del Paese” lui non ci ha pensato due volte. Proprio come un anno fa a parti invertite, quando fu Mattarella a chiedere a Draghi di mettersi a disposizione dopo la crisi del Conte bis.

Sergio Mattarella (Ansa)
Sergio Mattarella (Ansa)
Sergio Mattarella (Ansa)

Enrico Letta 5,5: La tipica strategia dell’immobilismo dem. Senza fare praticamente nulla, è tuttavia riuscito a ottenere il risultato auspicato. Forse da un leader progressista ci si aspetterebbe più propositività, un maggiore attivismo, una maggiore propensione al cambiamento. Almeno è quello che ha fatto meno danni, rinsaldando il rapporto con LeU e Italia Viva con cui il Pd si è mosso praticamente all’unisono.

Enrico Letta (Ansa)
Enrico Letta (Ansa)
Enrico Letta (Ansa)

Silvio Berlusconi 5: Ha provato a coronare il suo sogno da “padre della patria”, si è tirato fuori subito quando ha capito che i numeri non c’erano. Nella settimana decisiva, ahilui, è stato quasi sempre al San Raffaele e a gestire le trattative c’era Tajani. Da Forza Italia sono arrivati i franchi tiratori contro Elisabetta Casellati. Il partito è in fibrillazione, sempre più slegato da una coalizione di centrodestra a trazione sovranista. Ma allo stesso tempo non sa dove andare. Manca una leadership e questa è una grande colpa del Cav e del suo partito personale. Senza di lui, Forza Italia è destinata a dissolversi. Decisiva, venerdì sera, la sua mossa dal San Raffaele: dopo gli innumerevoli disastri di Salvini ha detto basta, “ora Forza Italia tratta da sola”, nessuna delega al leader azzoppato del centrodestra.

Matteo Salvini 2: Un disastro: è andato dicendo per mesi “mai un uomo di centrosinistra al Colle, dopo 30 anni bisogna dare al Paese un Presidente di centrodestra”. Conclusione, al Quirinale ci è rimasto l’uomo portato sette anni fa dal Pd. Basterebbe questo, ma il modo in cui ci si è arrivati è se possibile ancor più disastroso. Ha bruciato decine di nomi tra ambasciatori, politici, giuristi e funzionari dello Stato, mandando al massacro la seconda carica dello Stato pur sapendo che non avrebbe raggiunto il quorum, anche se non fosse stata impallinata da parte dello stesso centrodestra. Ha bruciato il nome del capo dei Servizi segreti annunciando un’intesa che evidentemente non c’era. Ricostruire tutte le sue mosse è impossibile: prima vuole eleggere il nuovo Presidente con il centrodestra, poi cerca l’asse con l’odiato Conte, infine la chiude assieme alla maggioranza di governo. E finisce per rivendicare, con ammirabile coraggio: “Sono contento che la mia proposta di Mattarella sia diventata la proposta di tanti”.

Una settimana da dimenticare, che ne mette in discussione la leadership sia nel centrodestra che all’interno della stessa Lega, dove a molti non è piaciuto il modo in cui ha gestito le trattative.

Giorgia Meloni 6: Una media fra il 4 del senso istituzionale (il volersi accanire nell’imporre un Presidente di centrodestra pur non avendo i numeri) e l’8 per il risultato politico. I suoi Crosetto e Nordio sono andati ben oltre i 63 grandi elettori di Fratelli d’Italia, segno che molti dalla Lega sono pronti a passare in FDI. Può rivendicare un atteggiamento coerente e il “romanzo Quirinale” può definitivamente lanciarla verso la leadership del centrodestra.

Giuseppe Conte (Ansa)
Giuseppe Conte (Ansa)
Giuseppe Conte (Ansa)

Giuseppe Conte 3: La strategia iniziale è quella dell’immobilismo di Letta, più o meno. Con un'aggravante: lui neanche ha il controllo dei gruppi parlamentari che, spinti da Di Maio, di votazione in votazione fanno crescere i consensi per Mattarella. Una mossa vera la fa il venerdì, ed è un disastro. Non si può fare uscire il nome del capo dei Servizi segreti senza la certezza di aver raggiunto un’intesa. Elisabetta Belloni per una notte è stata al centro di un durissimo scontro politico. Ha “preferito” Salvini – con cui aveva raggiunto un’intesa di massima anche su Frattini – all’alleanza progressista. Dal 2018 ad oggi ne ha fatte di giravolte.

Matteo Renzi 6: Chi pensava che la sua posizione sul ddl Zan fosse la prova generale di quanto sarebbe accaduto sul Quirinale deve ricredersi. Nessun asse con il centrodestra, ha anzi rinsaldato quello con il Pd, con cui ha giocato di sponda per difendere Draghi. Ha rinunciato al potere contrattuale che poteva avere come ago della bilancia prediligendo una soluzione che tenesse unita l’intera maggioranza di governo. A pochi minuti dall’annuncio dell’accordo su Elisabetta Belloni interviene su La7 e subito si capisce che quello della direttrice del Dis è l’ennesimo nome bruciato.

Luigi Di Maio 6: Se quella tra lui e Giuseppe Conte fosse una partita, il risultato sarebbe un 3-0 secco per il ministro. Controlla i gruppi parlamentari più e meglio dell’ex premier, e sin dall’inizio va a incanalare voti per Sergio Mattarella. Voti che crescono di giorno in giorno lanciando un chiaro segnale al Capo dello Stato e agli altri partiti. Fulmina Conte con un post al vetriolo dopo la candidatura di Belloni: “Indecoroso che sia stato buttato in pasto al dibattito pubblico un alto profilo come quello di Elisabetta Belloni. Senza un accordo condiviso”. Si muove dietro le quinte come un vecchio democristiano. Ma gli elettori 5S non sono con lui e l’ex premier può metterlo definitivamente all’angolo con la regola dei due mandati.

Mattarella e Draghi (Ansa)
Mattarella e Draghi (Ansa)
Mattarella e Draghi (Ansa)

Mario Draghi 5,5: Lui smentirà, ma l’autocandidatura al Quirinale nel discorso di fine anno, i tanti incontri con i partiti, non sono stati un bene. Poteva uscirne delegittimato, ma ne esce più forte di prima, visto che Mattarella ha chiesto ai partiti (lacerati e indeboliti dalla settimana di trattative) la garanzia che il governo duri fino al 2023.

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