Un atto «nullo», un «pasticcio della Corte Penale Internazionale», di cui «non sono il passacarte». Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio nella sua informativa alla Camera sul caso Almasri, il torturatore libico liberato e rimpatriato nonostante il mandato d’arresto internazionale emesso dalla Cpi.

«Il 18 gennaio – ha premesso Nordio - la Cpi emetteva un mandato di arresto internazionale nei confronti di Almasri per una serie di reati. Il mandato di arresto è arrivato domenica 19 gennaio alle ore 9.30 con una notizia informale e l'arresto trasmesso via email da un funzionario Interpol alle ore 12.37, sempre domenica: una comunicazione assolutamente informale, priva di dati identificativi e priva del provvedimento in oggetto e delle ragioni sottese. Non era nemmeno allegata la richiesta di estradizione».

Nordio ha sottolineato che il 20 gennaio il procuratore della Corte d'appello di Roma ha trasmesso «il complesso carteggio» sull'arresto di Almasri al ministero della Giustizia alle 11.40. «Alle 13.57 il nostro ambasciatore all'Aja trasmetteva al ministero la richiesta dell'arresto provvisorio. La comunicazione della questura al ministero è avvenuta ad arresto già fatto».

«Il ministro non è un urgano di transito delle richieste», ha sottolineato Nordio, «è un organo politico che deve meditare sul contenuto di queste richieste in funzione di un eventuale contatto con altri ministeri e funzioni organo dello Stato. Non faccio da passacarte della Cpi, ho il potere di interloquire con altri organi dello Stato in caso di necessità e questa necessità si presentava eccome. Inoltre serve valutare la coerenza delle conclusioni cui perviene la decisione della Cpi».

Una coerenza che per Nordio «manca completamente». Un atto, ha sottolineato ancora il ministro, «nullo, in lingua inglese (e qui l’aula ha rumoreggiato) senza traduzione e con vari allegati in lingua araba».

Nella documentazione della Cpi, ha aggiunto Nordio, ci sono «una sessantina di paragrafi in cui vi è tutta la sequenza di crimini orribili addebitati al catturando, vi è un incomprensibile salto logico. Le conclusioni del mandato di arresto risultavano differenti rispetto alla parte motivazionale e rispetto alle conclusioni».

Un mandato d’arresto con «una serie di criticità che avrebbero reso impossibile l’immediata adesione del ministero alla richiesta, a cominciare dalla data in cui sarebbero avvenuti i crimini. Si dice a partire dal marzo 2015 ma nel preambolo si parlava del febbraio 2011, quando Gheddafi era ancora al potere».

La Cpi, insomma, attacca Nordio, ha fatto «un pasticcio frettoloso». «Hanno sbagliato un atto così solenne, è mia intenzione chiedere giustificazioni sulle incongruenze di cui è stato mio dovere riferire».

L’aula si è accesa particolarmente quando Nordio ha parlato dell’atto in lingua inglese e quando ha attaccato i magistrati, dicendosi «deluso» dai giudici che «non hanno letto le carte e hanno avviato un procedimento contro il governo». Agli applausi arrivati dai partiti di maggioranza si sono contrapposte le contestazioni dell’opposizione, dai cui banchi si sono udite urla come “vergogna” che hanno spinto il presidente Fontana a richiamare i deputati.

Più breve l’intervento del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ci ha tenuto a sottolineare che Almasri «non è mai stato un interlocutore del governo per vicende che attengono alla gestione e al contrasto del complesso fenomeno migratorio» e che «non c’è mai stato alcun ricatto al governo».

«L'espulsione di Almasri – ha aggiunto Piantedosi - è da inquadrare (per il profilo di pericolosità che presentava il soggetto in questione) nelle esigenze di salvaguardia della sicurezza dello Stato e della tutela dell'ordine pubblico, che il Governo pone sempre al centro della sua azione, unitamente alla difesa dell'interesse nazionale che è ciò a cui lo Stato deve sempre attenersi nell'obiettivo di evitare, in ogni modo, un danno al Paese e ai suoi cittadini».

Banchi del governo quasi al completo per l'informativa urgente dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. Presenti diversi esponenti dell'esecutivo, da Luca Ciriani a Roberto Calderoli, da Gilberto Pichetto Fratin a Adolfo Urso e Tommaso Foti. Assenti illustri la premier Giorgia Meloni e i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani.

Elly Schlein si è soffermata proprio sull’assenza della premier, «una mancanza di rispetto all’Italia». E, rispetto alle parole di Nordio: «Ha ammesso che è stata una scelta politica». «Meloni – ha detto la segretaria dem – ci ha abituati alla sua incoerenza, ma qua si tratta di sicurezza nazionale. Lei (rivolta a Nordio, ndr) non ha parlato da ministro ma da avvocato difensore di un torturatore, le domande a cui dovrete rispondere sono molto semplici: perché Nordio, che era stato informato dal giorno dell'arresto, non ha risposto alle richieste del procuratore generale? La vostra inerzia ha provocato la scarcerazione. Prima ci dice che è stato liberato perché non ha fatto in tempo per tradurre delle pagine in inglese poi ha detto che le ha lette ma ha rinvenuto dei vizi. Bene ha ammesso che è stata una scelta politica».

Poi l’affondo: «Lei non ha parlato da ministro ma da avvocato difensore di un torturatore. Il ministro deve trasmettere gli atti della Corte Penale Internazionale, lei accusa noi di non aver letto le carte, ma lei non ha letto la legge, ministro Nordio, e l'ha violata davanti al Paese».

Nordio «scandaloso», è il duro attacco di Giuseppe Conte. «Siamo diventati il porto franco e il paese balocchi dei criminali. Lei, ministro, non ha parlato da avvocato difensore di Almasri ma da giudice assolutore! Lei si dovrebbe vergognare. Ma voi pensate davvero che gli italiani siano tutti idioti?». Il leader M5s ha inoltre sottolineato «la grande assenza della presidente Meloni, che scappa dal Parlamento e dai cittadini, un atto di viltà istituzionale».

(Unioneonline/L)

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