Autonomia, la Corte costituzionale boccia il referendum: «Poco chiari oggetto e finalità»
La Consulta lo dichiara inammissibile, esulta Zaia. Sì a quelli su Jobs Act e cittadinanza per gli stranieriPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
La Consulta boccia il referendum abrogativo della legge sull'Autonomia differenziata delle Regioni rilevando che «l'oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari. Ciò pregiudica la possibilità di una scelta consapevole da parte dell'elettore».
Il referendum, dicono gli undici giudici - anziché quindici a causa del mancato accordo in Parlamento sulla nomina dei quattro membri di nomina politica - «verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull'autonomia differenziata». Ciò «non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo eventualmente di una revisione costituzionale», spiega la Corte, che si era già espressa il mese scorso in merito alla stessa legge, sottolineando - ai fini di compatibilità costituzionali - la necessità di correzioni su sette profili della stessa legge: dai Livelli essenziali di prestazione (Lep) alle aliquote sui tributi.
Ammissibili invece i cinque referendum che riguardavano cittadinanza per gli extracomunitari, Jobs Act, indennità di licenziamento nelle piccole imprese, contratti di lavoro a termine, responsabilità solidale del committente negli appalti. La sentenza sarà depositata nei prossimi giorni.
Esulta la Lega, che vince una battaglia simbolo del Carroccio, osteggiata da quasi tutti i partiti all'opposizione e da varie associazioni che chiedevano di eliminare interamente la norma approvata a giugno dal Parlamento, che definisce i principi generali per l'attribuzione alle Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia.
«Con questa nuova sentenza – le parole del presidente del Veneto Luca Zaia – la Corte Costituzionale mette fine alla vicenda referendaria con l'assoluta imparzialità che deve esserle propria. Questo pronunciamento contribuisce a chiarire ogni dubbio sul percorso dell'autonomia, che continuerà a svilupparsi nel pieno rispetto della Costituzione, delle indicazioni della Consulta e del principio di Unità nazionale, mantenendo al centro i valori di sussidiarietà e solidarietà».
Prima dello stop definitivo arrivato in queste ore, il percorso del quesito promosso dalle opposizioni aveva avuto un primo ok a metà dicembre, quando la Cassazione - già chiamata a pronunciarsi - aveva ritenuto regolare la richiesta del referendum (respingendo però i quesiti di abrogazione parziale). Ma la legge Calderoli aveva spaccato i governatori fin dalla sua promulgazione sei mesi fa.
Lo scorso dicembre la Consulta, nelle motivazioni della sentenza 192, ha quindi specificato che ci sono alcune materie - dall'energia ai trasporti, passando per la scuola - che non vanno trasferite alla competenza dei territori. Per questo l'Autonomia differenziata subirà comunque una decisa revisione in Parlamento, così come suggerito dalla stessa Corte. «Stiamo già lavorando a una legge», aveva assicurato la premier Giorgia Meloni nella conferenza stampa di inizio anno. Ma il timore - trasversale tra gli alleati - è che con una ulteriore riformulazione dei Livelli essenziali delle prestazioni si riaprano anche i distinguo e i dubbi all'interno della stessa maggioranza (e tra i governatori). Anche per questo c'è chi pronostica tempi lunghi perché una riforma veda la luce.
Dopo la notizia della bocciatura è anche arrivata una nota della governatrice della Sardegna Alessandra Todde: «La Sardegna, con il nostro ricorso accolto dalla Corte lo scorso novembre, ha difeso la sua specialità e contrastato una legge iniqua. Una legge che la Corte stessa, ascoltando le preoccupazioni delle Regioni promotrici, ha già demolito e svuotato perché ci toglieva risorse e ci condannava a restare indietro», spiega Todde. Aggiungendo: «Se il capogruppo della Lega Veneta ha dichiarato recentemente che il Veneto vale più della Sardegna, per farci capire cosa si intende per differenziata, noi invece – ha aggiunto Todde – continueremo a difendere con le unghie e con i denti le risorse e le opportunità che le spettano».
Reazioni anche nel centrodestra sardo: «La Presidente Todde si è intestata una battaglia, utilizzando la Regione Sardegna, nella foga e nella speranza si dare una spallata al Governo Meloni ma come sta accadendo spesso l’unica a farsi male è la stessa Presidente Todde ma almeno la prossima volta utilizzi il suo di partito e non la Regione Sardegna», il commento del deputato di Fratelli d’Italia Salvatore Deidda.
(Unioneonline)