“ S e la nostra democrazia repubblicana è nata e si è imposta fondandosi sul lavoro, è ancor più necessario che la crescita socio-economica delle regioni del Sud e delle Isole debba trovare realizzazione proprio nella diffusione di nuovo lavoro”: così s'esprimeva quel grande meridionalista del fare che è stato, per una ventina d'anni (1955-76), Gabriele Pescatore.

Proprio a questo principio avrebbe indirizzato tutto il suo impegno da presidente della Cassa per il Mezzogiorno, riuscendo, come se ne scrisse, ad unificare il Paese ancor più del Conte di Cavour, avendo “ricucito le dicotomie fra le due parti della nazione con la diffusione di strade, dighe, porti e acquedotti”. Riuscendo soprattutto a diffondere un po' dovunque, a Teano come ad Ortacesus, gli effetti di quella virtuosa attività di sviluppo, propiziatrice di maggior lavoro.

Sarebbero stati infatti quegli importanti investimenti in opere pubbliche, da lui promossi e realizzati, a determinare una significativa moltiplicazione del lavoro. Sosteneva infatti che quanto investito in opere pubbliche correttamente concepite fosse in grado di creare, direttamente ed indirettamente, nuova e maggiore occupazione. Stimava ancora, con il conforto degli esperti della Banca Mondiale, che ogni milione di lire investito in opere pubbliche potesse determinare un ritorno, in benefici sociali, pari a circa tre volte tanto.

Di quell'esperienza, grazie a cui si sarebbero realizzate nell'isola infrastrutture pubbliche come mai nella sua storia, non rimane oggi memoria. (...)

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