C agliari. Piazza Garibaldi. È l'inizio degli anni Novanta quando gli studenti ginnasiali del liceo Dettori cominciano ad arrivare alla spicciolata davanti alla sede staccata Riva. Sbadigli. Preoccupazioni per il compito in classe. Fra loro c'è uno studente che sogna di diventare scrittore e, non a caso, compra regolarmente “Cagliari lettere aperte - Il giornale di chi vuol scrivere”, un periodico a tiratura limitata (ma ben fatto) che ospita le più acute osservazioni dei suoi lettori sullo stato della città: sui malfunzionamenti e sulle possibili migliorie.

Finora, il ragazzo non ha avuto il coraggio di proporre un suo articolo. È molto timido, e non ha ancora fiducia in se stesso.

Mentre attende che la campana suoni, da lontano, scorge la sua professoressa di Lettere avvicinarsi con passo spedito. Ha già superato la prima edicola: e presto raggiungerà la seconda. Quale migliore occasione per dimostrare la propria inclinazione alla scrittura e fare una bella figura?

Con impazienza, dunque, si rivolge all'edicolante.

«Vorrei una copia di Lettere Aperte», dice mentre la professoressa si avvicina sempre più.

L'edicolante gli indica l'angolo estremo della sua rivendita. Eppure, fra i tanti giornali che fittamente si affollano in quell'area, lo studente non riconosce ciò che ha chiesto.

L'edicolante, allora, lascia il suo gabbiotto e, presa in mano una rivista pornografica, la porge allo studente proprio quando la professoressa sta passando accanto a entrambi.

Che figuraccia! Ma chi poteva immaginare che Lettere Aperte non fosse soltanto un nobile giornale cittadino, ma anche un periodico sconcio con le donne nude in copertina!

Occorse una lunga spiegazione, al termine della quale, per fortuna, tutto fu chiarito e la professoressa - divertita da quell'insolito malinteso - esplose in una sonora risata.
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