Cagliari, autunno 1981. Ci troviamo in una casa antica, la prima ad essere stata costruita in via Dante.

Verina sta cucinando la salsa di pomodoro. Il “sugo”, come lo chiama lei. Nel piccolo tegame di alluminio i pomodorini, pazientemente sbucciati e privati dei semi, cuociono a fuoco lento dopo essere stati soffritti e insaporiti da qualche cappero sotto sale. A fine cottura, come d'abitudine, la salsa si sarà ridotta “all'olio”: un succulento ristretto che solo

Verina sa cucinare in questo modo. Fra i suoi segreti c'è il basilico, appena colto dalle piante del cortile. «Le foglie vanno tagliate a mano e aggiunte per ultime: a fuoco spento, prima di rimettere il coperchio» spiega a suo nipote, che ha 5 anni e da grande vuole fare il verduraio o il dottore.

A quest'ora, la motonave su cui si è imbarcata la figlia di Verina dovrebbe già essere arrivata a Civitavecchia. Ma perché Teresa non chiama? Chissà: magari non riesce a trovare una cabina del telefono. O, forse non ha con sé i gettoni. Oppure, come spesso capita, la vicina sta attaccando bottone con una delle sue amiche, bloccando anche la linea di Verina: che è regolata dal duplex. E così, se una linea è occupata, l'altra non può né ricevere, né fare telefonate.

È vero: il duplex permette un buon risparmio sulla bolletta della SIP, ma comporta anche parecchie limitazioni.

Verina solleva la cornetta. Il telefono è muto. Subito, il bambino viene mandato in missione. Dovrà salire le scale e chiedere alla vicina di liberare la linea telefonica perché sua nonna sta aspettando un'interurbana.

Bussa. Dopo una certa attesa la porta si apre diffondendo per l'androne un denso odore di fave bollite, lardo e menta. Con il telefono a rotella nella mano destra e la cornetta in quella sinistra la vicina di casa ascolta ciò che il bambino ha da dirgli. «Tra cinque minuti chiudo» garantisce.

Invece, come al solito, non lo farà.
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