I l sovraffollamento letterario che ha caratterizzato questi ultimi dieci anni (in cui si legge sempre meno, ma si scrive e si pubblica sempre di più) ha inconsapevolmente originato una sorta di censura additiva, condannando molti bei libri a perdersi nel marasma delle opere disponibili in libreria e online. È capitato anche all'esordio letterario di Giorgio Sirigu: un romanzo autobiografico intitolato Argentina 1980 - Un tango mai ballato, pubblicato dalla Susil nel 2013 e passato inosservato.

Un titolo troppo lungo? Una copertina non abbastanza seducente? La poca visibilità di un autore sconosciuto al grande pubblico isolano? Può darsi.

Cagliaritano d'adozione, Giorgio Sirigu - che offre opera di volontariato nel preparare psicologicamente coloro che si apprestano a ricevere un trapianto di rene, essendo egli stesso un trapiantato - è nato a Muravera nel 1953 e ha lavorato a lungo in cantieri di grandi opere in Somalia e Argentina.

Il suo romanzo nasce da questa ultima esperienza, durante i tristi anni dei desaparecidos.

Il pregio dell'opera sta nel fatto che i fatti privati si mescolano alla politica del tempo e ai grandi temi socio-esistenziali che, da sempre, intrigano la mente dell'uomo. Di pregio anche le descrizioni: il libro di grammatica che odora di petrolio, le foglie dalle venature rosso sangue che mantengono i lembi mangiucchiati dagli insetti, le biciclette abbandonate per strada dai bambini.

“16 aprile 1980. Sono arrivato a Buenos Aires una mattina piovosa. Dappertutto militari, ragazzini con i capelli cortissimi annegati in cappottoni lunghi fino ai piedi. Il fucile con la baionetta li sovrasta di un buon palmo. L'impatto è forte. Mi sento quasi male per questo triste benvenuto”.

Comincia così Argentina 1980 - Un tango mai ballato di Giorgio Sirigu.

A voi, il piacere di continuare a leggerlo.
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