N otoriamente, Cagliari è una città di buongustai e di mangioni. La straordinaria ampiezza del nostro mercato comunale - ma soprattutto il numero (e l'affollamento) di trattorie e ristoranti - lo testimoniano a gran voce. È così da sempre. Eppure il modus operandi del goloso è cambiato.

Al di là della sofisticatezza dei nuovi ristoranti ambiziosi - orgogliosi di sfoggiare atmosfere internazionali e menu sfiziosi - al di là dello street-food che si è insinuato capillarmente nel tessuto cittadino dichiarando guerra ai piattoni di malloreddus alla campidanese, una nuova moda ha stregato la maggior parte dei sazzagonisi cagliaritani.

Si tratta dell'irresistibile necessità di documentare il proprio pasto momento per momento: fotografando ogni pietanza e diffondendola istantaneamente online sui propri canali social per renderne conto a una platea di amici e nemici sempre pronti a dispensare commenti e approvazione.

La croccantezza dei calamari fritti, nel frattempo, si rammollisce. La pasta con la bottarga diventa colla.

Pazienza. Quel che conta non è più il gusto, ma l'estetica dell'ostentazione.

Gola e vanità si alleano in colui che non resiste alla tentazione di condividere un succulento pranzetto con il maggior numero di persone possibile avendo cura di trovare il tempo - tra un boccone e l'altro - per rispondere sia alle interazioni dei conoscenti sia a quelle di perfetti sconosciuti.

“A Milano le sebadas ce le sogniamo!” - Cuoricino, sorriso.

“Per non parlare del miele di cardo e delle pardule!” - Cuoricino, sorriso, cuoricino.

E intanto la sebadas si fredda e i gianchetti perdono turgore.

Alcuni perfezionisti, pur di ottenere una foto impeccabile, salgono addirittura sulla sedia nel tentativo d'immortalare l'intera vastità di antipasti che affolla il tavolo.

Narcisismo? Gioco? Follia? Masochismo?

Ai posteri l'ardua sentenza.
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