La speranza di Luna e Caterina
Maria Antonietta MongiuV oglio dare un'immagine di Dublino talmente completa ed esatta, che se la città dovesse improvvisamente scomparire dalla faccia della terra, potrebbe essere ricostruita esattamente uguale grazie al mio libro. Così James Joyce, presentando l'Ulysses come carta d'identità della città da cui fuggì nel 1904. Come per tanti, ogni altrove sarebbe stato meglio del borgo natio che si trasformò, anche per lui, in insistita ossessione.
La frase illumina sul fatto che occuparsi della città è roba complessa e, se la si vuole descrivere, qualche precauzione joyciana è d'obbligo. Come nell' ars rethorica la premessa è l' inventio : reperire/ritrovare idee e argomenti per dirne. Lo scavo nella frase/mantra di Joyce, nei giorni dell'anniversario della morte (13 gennaio 1941), indirizza all'ossessione del dettaglio nella ricostruzione dei luoghi e alla precisione delle parole usate nel reinventare geografie. Se Dublino della sua biografia andava scomparendo, la geografia di Dublino, da quella materica alla immaterialità di fiumi, vento gelido, mutevole cielo, e odori così diversi dai nostri, andava a coincidere, sorprendentemente, con quella dei suoi personaggi. L' imago urbis dal 1904 è infatti diventata carta d'identità delle narrazioni joyciane e sempre più luogo dell'immaginario. Talmente potente da condizionare la narrativa del Novecento e diventare, per li rami, immaginario di massa.