P ensate a quegli scherzi di ragazzi che diventano realtà, ad “Al lupo al lupo!” gridato troppe volte finché - propio quando diventa vero - non ci crede più nessuno. Pensate alla frana di sassolini che alla fine si muta in valanga. Se devo provare a farvi capire perché i gialli e i verdi oggi sono sull'orlo del baratro e perché il caso dell'indagine su Armando Siri è diventato un detonatore non esiste una sola spiegazione: ma una doppia visione in cui entrambi i contendenti sono convinti di avere ragione.

Cominciamo dalle voci della Lega: «Togliere le deleghe a Siri, senza nemmeno informare Salvini - ripetono gli uomini del Carroccio in coro - è stato un colpo basso. Una modo stupido per provare a ferirci». Risponde Di Maio, in chiaro: «Come si può minacciare una crisi di governo? Dove sta il senso di responsabilità?». Ribatte Salvini: «La Lega vuole governare bene e a lungo, nell'interesse dei cittadini. Pensi Di Maio a controllare che il reddito di cittadinanza non finisca a furbetti, delinquenti ed ex terroristi».

Attenzione ai dettagli. Una voce del governo leghista, off record, mi offre questa doppia lettura delle parole di Salvini, spiegandomi perché colpiscono dove il dente duole: «Tutto comincia dal Reddito. Quota Cento è andata perfettamente come immaginavamo, finirà a 350mila domande. Mentre il reddito si è fermato a 800mila persone coinvolte. Molto poche rispetto al milione e 300mila messo a bilancio». Poche? Lo chiedo incuriosito cercando di capire il legame tra le domande e la mini-crisi di maggioranza. (...)

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