L a politica ha di questi paradossi: se l'emergenza sbarchi ha battezzato la leadership di Matteo Salvini, l'accordo sull'emergenza sbarchi - per paradosso - sta battezzando una nuova leadership forte, quella di Giuseppe Conte. Se non altro perché esistono due diversi tipi di leader: quelli dei tempi di guerra e quelli dei tempi di pace. Pochi riescono a gestire entrambe le fasi, e il problema di Salvini di queste ore è che l'Italia non può restare perennemente in tempo di guerra perché lui mantenga il primato sul terreno che gli è più congeniale.

I vituperati vertici di maggioranza, figura mitologica della prima Repubblica, poi ripudiati (ma come si vede mai accantonati) nella seconda e persino nella terza, hanno questa particolarità: quando si celebrano, sempre per appianare una lite, i giochi sono già chiusi.

E dunque, dentro il supervertice di maggioranza convocato da Salvini a mezzo stampa per battere i pugni sul tavolo sulla questione Seawatch c'è già inscritta negli esiti ultimi, come un destino, la vittoria di Conte. Perché il problema del leader della Lega, comunque si chiuda questa storia, è quello di essersi costruito una nuova controparte, con un cambio che non gli è favorevole: passa dall'essere l'antagonista di Di Maio, alla condizione di sfidante del presidente del Consiglio. L'antagonismo non è più Lega contro cinque stelle, ma Stato contro Stato. Viceversa, per Conte, questo vertice sui migranti, è diventato come la ratifica notarile di una condizione conquistata sul campo ai tempi del negoziato sulla manovra. (...)

SEGUE A PAGINA 40
© Riproduzione riservata