« N on ho preso un soldo, non un rublo, un dollaro, né uno yen, e nemmeno un litro di vodka». Il pasticcio russo si abbatte sulla testa di Matteo Salvini, proprio nel momento del massimo successo elettorale e politico della Lega. Arriva come una tegola (o una polpetta avvelenata, lo vedremo) attraverso le rivelazioni di un sito americano, Buzzfeed (dopo essere state anticipate - senza registrazioni - da una inchiesta de L'Espresso). Ed arriva sotto la forma di un racconto gelatinoso e ambiguo, ma anche talmente immaginifico e intrigante che pare tratto da un episodio di “Mission impossible”: politici, spioni, faccendieri, affari milionari, dollari, rubli, idrocarburi, tutti incastonati insieme come i protagonisti di una spy story, nella cornice barocca del più lussuoso albergo di Mosca, proprio nel cuore della Russia putiniana.

Il documento pubblicato sul sito americano è sporco, confuso. Si tratta di un audio con sei uomini che discutono di affari, ma quando la notizia deflagra uno solo tra loro è identificato con certezza: è uno dei pochissimi uomini della vecchia Lega di Umberto Bossi che siano riusciti a transitare in quella di Matteo Salvini. Ovvero si tratta di Gianluca Savoini, ex ufficio stampa del Carroccio, poi convertitosi nel ruolo di affarista e lobbista russo (in questo caso alla luce del sole) ma anche ambasciatore dell'associazione Italia-Russia, e (anche) co-organizzatore del viaggio di Salvini a Mosca, tessitore di relazioni tra Partiti e Stati. Tuttavia da questo punto in poi bisogna prima attenersi ai fatti certi, e poi provare a capire cosa sia accaduto. (...)

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