F ino a ieri Matteo Salvini ripeteva ogni giorno che il governo era al sicuro, che non esisteva «nessun rischio di crisi». E tutti scommettevano che il ministro dell'Interno, invece, facesse buon viso a cattivo gioco in nome di una sagace tattica diversiva e progettasse di staccare la spina al più presto per mandare il Paese al voto. Mentre adesso, proprio ora che il leader della Lega pronuncia ogni giorno frasi sempre più minacciose (come ieri sulla Tav contro Danilo Toninelli), proprio ora che proclama spavaldo: «La finestra del voto anticipato è sempre aperta!», i Cinque stelle si sentono sicuri come mai in passato.

Gli uomini della squadra pentastellata ripetono in coro il proprio mantra con la stessa sicurezza che mostra il ministro del Parlamento Riccardo Fraccaro quando nel suo ufficio di Palazzo Chigi mi dice: «Governeremo per altri quattro anni». Questi discorsi sono fondati sullo stesso prudente ottimismo del ministro Alfonso Bonafede che la settimana scorsa, in un camerino de La7, mi chiedeva: «Ma secondo te uno va al voto quando tutte le cose che ha promesso sono ancora in ballo? Noi stiamo lavorando per portare a casa i nostri provvedimenti, come la riforma del processo, loro combattono per le cose che hanno promesso ai loro elettori».

Un altro sottosegretario del M5s sotto garanzia di anonimato mi fa notare divertito questo paradosso: «Lo sai qual è il plotone più grande tra i quotisti di quota 100? Si presenta alle armi tra settembre ed ottobre, quando finalmente arriveranno al traguardo i 25mila pensionati della scuola». (...)

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