L a differenza la fa l'atteggiamento. Le parole del giorno prima, la faccia che ci devi mettere dopo, il peso del tuo progetto tattico. Sabato pomeriggio Conte era supponente, predicava rispetto per il Cagliari e tanta serenità (abbiamo visto), ma dietro quel sorriso di cartapesta si intuiva che i 90 minuti con i rossoblù sarebbero dovuti essere una formalità da chiudere in fretta. Nello stesso momento, ma ad Assemini, Maran disegnava il pomeriggio che 24 ore dopo abbiamo visto, tutti, compresa la panchina dell'Inter. «Continuità, sicurezza dei nostri mezzi» e qualche altra trovata che poi il campo ha stabilito risultare decisiva. Un mostro sacro delle panchine, con un organico preso senza limiti dall'album Panini, contro un lavoratore serio, mai sopra le righe, che rispetta le (troppe) critiche ma non cambia di un centimetro il suo calcio. Faragò difensore centrale, Oliva lì in mezzo, il ritorno di Cragno nel giorno più caldo, la perfetta collocazione tattica e psicologica di Nainggolan, un personaggio non facile da gestire ma che gioca un calcio straordinario: Maran ha un suo frullatore che ha ripreso a funzionare a meraviglia, se a Brescia i punti potevano essere tre e ieri a pranzo il conto stava per arrivare ai padroni dello stadio. A proposito di differenze, Conte ha lasciato lo stadio a fine partita, dopo l'ignobile, rissoso finale in mezzo al campo. Maran ha fatto i complimenti ai suoi, atteggiamento e compattezza come da programma.

Il Cagliari si era perso per strada, inutile negarlo. La stessa squadra che quella strada l'ha ritrovata. Vi stavamo aspettando, ci vediamo sabato.
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