C i sono fotogrammi impietosi, legati alla partita di ieri alla Sardegna Arena. Facce smarrite, difensori che sbagliano l'impensabile, occhi spenti, la paura di fallire, quella sfacciataggine esibita in avvio di stagione che sembra un ricordo sfumato. Perfino le palle vaganti, anziché essere azzannate dai giovani rossoblù, sono state puntualmente recuperate dagli avversari, per nulla timidi davanti all'eventualità di un contrasto in più.

Il Cagliari si sbriciola passo dopo passo e - puntuale come le campane a mezzogiorno - il campionato corre, non ti perdona la minima disattenzione. Figuriamoci se per otto partite non sorridi mai, se festeggi per un pareggio (quando arriva) mentre assisti al decollo del Sassuolo, alle stagioni di Verona e Benevento, al pericoloso ritorno alla vita del Torino. Da ieri comincia un'altra stagione per il Cagliari, per un progetto tecnico che piace - sulla carta - ma che sul campo non trova riscontro. Sì, siamo tutti d'accordo che una vittoria nella sfida di mercoledì con il Benevento darebbe una spinta fondamentale alla stagione scricchiolante del Cagliari, ma da quello che abbiamo visto ieri (e dalla condizione del Benevento) non sarà facile battere i campani. Investito dal virus, dalle novità tattiche, dagli infortuni e da una qualità complessiva che stenta a guadagnare la sufficienza, il Cagliari si specchia sui suoi 14 punti in 15 partite: davanti al disastro di ieri (poteva finire 7 a 1) l'arrivo di Nainggolan mitiga solo in parte la grande preoccupazione. (...)

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