L a corsa finisce qui. È stato bellissimo crederci, ridere di gioia per un terzo posto che aveva il sapore del miracolo. La gente per strada parlava di Champions, qualcuno più prudente indicava l'Europa League come obiettivo plausibile. Degno e meritato abbinamento con la stagione del Centenario. Ma la squadra dei sardi ha dimenticato l'hashtag #forzacasteddu chissà dove, comincia la stagione del “salviamoci in fretta” e nessuno si senta escluso. La montagna di punti costruita fino a dicembre si sta sgretolando, quello zero nelle occasioni da gol rimediato ieri è lo schiaffo finale alle premesse di sabato: coraggio, determinazione, la partita «dove poter fare qualcosa di straordinario». È stato bellissimo, si riparte dall'ultimo posto nella speciale classifica delle ultime dieci partite, quasi un terzo di stagione senza vittorie. E si chiude nel modo peggiore, dentro una Sardegna Arena insolitamente senza il tutto esaurito (un segnale), una settimana schizofrenica, con momenti neri (il crac di Pavoletti e tutto il codazzo di polemiche) e altri decisamente positivi, come la splendida iniziativa di vietare l'ingresso a tre tifosi colpevoli di cori razzisti.

La fiducia allo staff tecnico, dopo la sconfitta di Genova, non ha prodotto risultati. La squadra mette in campo quello che ha, ieri sul piano tecnico non c'era partita - ricambi compresi - e allora dovevi dare il 101 per cento per superare il gap con un Napoli solidissimo. È finita con i tifosi ai cancelli, una contestazione che durante i 90 minuti sobbolliva ma senza esplodere. Comincia la fase 2: anche qui, servono punti.
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