N ormalmente, partite come quella di ieri alla Sardegna Arena le perdi. Attacchi, cercando di arraffare quello che ti passa davanti, vai perfino in vantaggio. Poi rallenti, metti in fila una galleria di errori e orrori potenzialmente virali, poi - citofonare Napoli - può accadere che prendi il gol-beffa. L'uomo della sicurezza, l'esempio di un'applicazione feroce, scivola al centro dell'area di rigore e resta lì, a guardare lo scempio. E poi si balla fino alla fine, sognando di vincerla ma rischiando di perderla. Il Cagliari, prigioniero di una voglia di successo che lo ha reso folle e senza equilibrio, può festeggiare per un punto importante: chi pensava a stabilirsi in zona Champions League può rilassarsi qualche giorno, magari al mare visto il tempo che c'è.

Sì, sarà dura cercare di restare lassù, fra inevitabili passaggi a vuoto e avversari, come il Verona di ieri, che si regalano una partita aggressiva e intelligente. Intanto, il tifoso si goda questa squadra, che arrivava da una trionfale serata napoletana e che si è meritata il rispetto di tutta la Serie A, dai commentatori ai tecnici. Si godano, i sostenitori, la compattezza, la voglia di vincere, quella rabbia che a fine partita, ieri, era il sentimento dominante nello spogliatoio rossoblù. Questione di mentalità, di voler giocare sempre per prendere tutto. È questa la vera svolta, un Cagliari style nuovissimo, figlio anche dei preziosi innesti decisi dalla società. Poteva andare malissimo, ieri, ma la strada sembra quella giusta: aggredire, attaccare, senza paura, la testa orientata verso il risultato. Peccato che a Roma non si giochi subito.
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