È lo stesso campionato. Sì, quello di Serie A, bellissimo e incerto. A Cagliari, ieri pomeriggio, per 77 minuti sembrava di assistere a un match fra due formazioni con gli stessi obiettivi. Poi succede che la bilancia cominci a oscillare, che i 655 milioni di euro dell'Inter - il valore della rosa di Antonio Conte - spostino la bilancia da quella parte, spazzando via i 158 milioni del Cagliari. In un quarto d'ora scarso, se dalla panchina puoi pescare il centravanti dell'Argentina (fra gli altri), diventa molto probabile che ti possa portare a casa i tre punti. Questa, ma non solo questa, la sintesi di una partita quanto mai da sliding doors . Prendi la porta giusta, ti salvi dalla furia iniziale dell'Inter e vai lì, a bussare all'ingresso della zona europea. Invece la porta giusta l'ha presa Barella, quello nerazzurro, aprendo una rimonta da squadra operaia, una corazzata con l'elmetto ben allacciato, senza la spocchia vista per un'oretta. Un cagliaritano ha svegliato il Cagliari da un bel sogno, cominciato - è bene ricordarlo - dal quel punto gigantesco preso a Verona, contro una squadra che continua a stupire. Quel pareggio aveva dato indicazioni buone a Di Francesco, con una squadra ancora pericolosamente zoppa ma capace di uscire indenne dal “Bentegodi” e far venire il capogiro all'Inter, fra le parate di un top player come Cragno e le sfuriate di Sottil. O il carattere dei due difensori millennials, 39 anni in due, ai quali sei obbligato a perdonare un paio di errori davanti agli 85 milioni di Lukaku. (...)

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