N ella serata di rinascita del Cagliari, dentro una partita che può cambiarti la stagione, c'è stato un passaggio a vuoto, una stonatura rispetto alla musica che ogni tifoso vuole ascoltare. Su una squadra decimata dagli infortuni, davanti a una delle (presunte) corazzate della Serie A, una piccola parte dello stadio ha scelto di far piovere un coro forse slegato dal contesto. Il risultato è fermo sullo zero a zero, il Cagliari sta giocando una gara accorta, di cuore e di tecnica, tatticamente ineccepibile. In quel momento, scatta un breve, preciso “attacco” alla società.

C'è un legame forte tra il tifo organizzato, quello più caldo, storicamente collocato nella nord, e la squadra: è lì che i giocatori cercano l'abbraccio o una “assoluzione” dopo la gara, è quel settore che canta, spinge e detta i tempi del tifo, secondo canoni immutabili da generazioni. In sostanza, nelle curve risiede la pancia del tifo, il termometro della passione è collocato lì, a Cagliari nell'area che guarda a nord.

Venerdì sera, in un momento di silenzio, forse di rispettoso timore per i grandi giocatori dell'Inter, è partito - non è la prima volta - da uno sparuto gruppo al centro della curva, un breve coro contro il presidente. Segnale di un malessere preciso, poco noto ma mai condiviso dal resto dell'Arena, né venerdì né mai. La gente va allo stadio per fare il tifo, quel “For-za Caglia-ri” da brivido che cantano tutti, grandi e piccoli. L'attacco al presidente, e quindi alla società, in un momento di difficoltà, fa parte del diritto di critica. Accadde con Cellino, ci risiamo con Giulini. Magari la vittoria ha spazzato via tutto.
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