C ercasi disperatamente 128 persone per salvare l'agricoltura sarda. La Regione ha fatto due conti e, bontà sua, sta provando a “correre” ai ripari. Il primo passo - mesi di lavoro - è stato quello di quantificare il fabbisogno di personale, ovvero i buchi di organico nell'agenzia Argea, un esercito di 430 dipendenti insufficiente per gestire la trincea, sempre aperta, dei fondi destinati alle imprese agricole.

Diciamolo subito: è una vergogna. Non si alterino i governanti di turno, il problema è vecchio come il cucco. In principio fu l'Etfas, nato nei primi anni Cinquanta per la trasformazione fondiaria e agraria in Sardegna. Poi arrivò la rivoluzione copernicana figlia dell'Europa unita, con il sostegno economico al settore primario, sul modello degli Stati Uniti d'America.

Anche per questo la vecchia Etfas si era trasformata in Ersat, con una missione sempre meno agronomica e sempre più burocratica: istruire le pratiche e pagare i premi alle imprese agricole. Attorno al pianeta Ersat ruotavano una ventina di satelliti: sperimentazione, ricerca, assistenza e via elencando. La riforma voluta da Renato Soru spazzò via tutto e (non proprio) tutti con la creazione di tre grandi agenzie regionali: Argea (gestione degli aiuti), Laore (assistenza e sviluppo) e Agris (ricerca). Come tutte le rivoluzioni, l'obiettivo era quello di cambiare il mondo (agricolo). Buone le intenzioni, meno i risultati. Con la ricerca, disperata, una dozzina d'anni dopo, di almeno 128 rinforzi.

U na squadra di dipendenti regionali con un mandato straordinario: salvare l'agricoltura sarda. Devastata più dalla lentocrazia che dalle bizze del clima. L'alibi del così fan tutti finisce qui. Che Argea rischiasse di essere travolta dal castello di pratiche da gestire era cosa ben nota (e cavalcata) in campagna elettorale. Ma solo ora potrebbe arrivare una leggina in Aula per finanziare (2,7 milioni) la ribattezzata task force che smaltisca l'arretrato. E pensare che in primavera era stato annunciato in pompa magna l'avvio, dal 15 ottobre (scorso), del nuovo organismo pagatore regionale, ovvero la stessa Argea. Il valore aggiunto? Evitare di passare da Roma (Agea) per pagare nell'Isola i premi comunitari. Tutto a posto? Macché: con meno risonanza, il via libera è slittato al 28 febbraio 2020. Sarà la volta buona? I dubbi sono legittimi, considerato che Argea dovrà gestire 90 mila pratiche arretrate, legate soprattutto alle misure agroambientali e ai danni causati dal maltempo nel 2017. A dirla tutta, non c'è nemmeno chiarezza sull'ammontare dell'arretrato: le 90 mila domande da smaltire potrebbe addirittura essere la metà. E pensare che sullo sfondo - fonte assessorato all'Agricoltura - c'è una Sardegna che spende molto meglio di altre regioni i fondi europei. Mistero della fede. Aspettando che l'abbraccio mortale tra burocrati e politici possa partorire la nostra benedetta task force, in commissione (Agricoltura e Bilancio) ovviamente si litiga. E il Consiglio regionale non è stato nemmeno convocato. Coltiviamo ritardi.

EMANUELE DESSÌ
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