Una strada obbligata
Beniamino MoroL a settimana scorsa la Commissione Ue ha definito “giustificata” una procedura d'infrazione contro l'Italia per debito eccessivo, che si basa sul divario tra gli impegni di riduzione del debito pubblico presi dagli ultimi tre governi (Renzi, Gentiloni e Conte) e gli obiettivi effettivamente raggiunti o da raggiungere. Il gap è stimato dalla Commissione del 5,8% del Pil nel 2016, del 6,7 nel 2017, del 7,6 nel 2018, nonché del 9 e del 9,2% nelle previsioni del 2019 e 2020. Si tratta di scostamenti rilevanti, che configurano il mancato rispetto della regola del debito che governa il funzionamento dell'Unione monetaria europea (Ume).
Sull'avvio della procedura a pronunciarsi sarà domani l'Eurogruppo, che a sua volta girerà la pratica al Consiglio Ecofin del 9 luglio, dove verrà presa la decisione finale. L'Ecofin potrà decidere di avviare o di sospendere la procedura in presenza di eventuali impegni aggiuntivi prospettati dal governo italiano, ma difficilmente potrà rigettarla perché la stragrande maggioranza dei governi Ue, compresi quelli sovranisti in teoria amici del governo giallo-verde, è a favore di una linea di rigore contro l'Italia.
La Commissione Ue contesta al nostro Paese di avere fatto molta demagogia con la spesa pubblica in deficit, ma ben poco per riformare davvero l'economia, che costituisce la condizione per rilanciare la crescita e ridurre il debito. Il rallentamento economico del 2018, preso a pretesto da Tria per giustificare gli ultimi scostamenti, spiega solo in parte l'aumento del rapporto debito/Pil negli ultimi due anni. (...)
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