G iuseppe Conte ha rassegnato le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato, nella prospettiva di poter ricostituire un esecutivo e di capeggiarlo ancora lui. Sia il Pd che il M5s hanno già detto che l'“avvocato del popolo” resta l'unico punto di equilibrio possibile ma da più parti non si esclude che la leadership di Conte possa essere messa in discussione.

Il comportamento dei partiti in questa fase delicata può essere spiegato da una branca dell'economia nota come teoria dei giochi, per la quale John Nash è stato insignito nel 1994 del premio Nobel per l'economia. In questa teoria si definisce “equilibrio di Nash” una situazione nella quale ogni giocatore, date le azioni degli altri, non ha alcun interesse a modificare il proprio comportamento. Così facendo, si aspetta di ottenere la massima convenienza per se stesso.

Il concetto di equilibrio di Nash si può applicare agli attuali protagonisti della vita politica italiana. Il Conte 1 era un equilibrio di Nash, che è durato finché Salvini, con una mossa avventata, non gli ha tolto la fiducia. La contromossa di Renzi ha ristabilito l'equilibrio col Conte 2, che è durato finché lo stesso Renzi non ha fatto dimettere le due ministre di Iv. Perché lo ha fatto? Renzi ha come obiettivo principale quello di condizionare i governi di cui fa parte, ben oltre il suo peso elettorale. Ha deciso di aprire la crisi perché convinto che Conte intendesse gestire per conto suo, ovvero con una struttura di comando da lui concepita e guidata, i 209 miliardi del Recovery fund.

L 'accusa è quella di accentramento di potere per costruire un partito personale con cui in futuro sottrarre voti nell'area del centrosinistra.

Il Partito democratico, sensibile a questa argomentazione, ha inizialmente assecondato le mosse di Renzi, salvo dissociarsene quando è apparso evidente che una crisi al buio poteva facilmente diventare l'anticamera di elezioni anticipate, che nessuno dei protagonisti, ad eccezione di Giorgia Meloni, ha interesse a percorrere. Nemmeno la Lega che, come ha spiegato Giorgetti a Salvini, non può fare da stampella a un futuro governo di Giorgia Meloni.

Altro protagonista è il Movimento 5Stelle, che sul nome di Giuseppe Conte ha ricompattato le sue diverse anime, compresa quella ribelle di Alessandro Di Battista. A Di Maio, Conte fa ombra; se potesse lo sostituirebbe volentieri nel ruolo, ma è perfettamente consapevole che solo Conte è in grado di garantire l'equilibrio tra le diverse anime dei 5S e tra grillini e democratici: far fuori Conte significherebbe commettere un parricidio e andare ad elezioni anticipate, da cui i 5S ne uscirebbero fortemente ridimensionati nella loro rappresentanza parlamentare.

Poi c'è l'amletico Silvio Berlusconi, l'unico che, non avendo una soluzione politica percorribile (vorrebbe appoggiare Conte per essere protagonista della futura elezione del capo dello Stato, ma non se lo può permettere perché dovrebbe rompere col centrodestra), tenta di uscire dall'angolo proponendo un governo di larghe intese, che nessuno crede sia percorribile.

I gruppi di Forza Italia sono in fibrillazione per la linea del voto anticipato portata al Colle da Tajani con Salvini e Meloni. Tuttavia, la spinta dei moderati, da Letta a Brunetta e a Carfagna, sarebbe quella di farsi promotori dell'unità nazionale in nome della responsabilità. Se gli alleati di centrodestra rifiutassero le larghe intese, la soluzione alternativa da proporre sarebbe una “maggioranza Ursula” di stile europeo con Pd, Iv e M5S.

E veniamo a Conte, che non si fida di nessuno. Ha resistito a dimettersi; poi martedì, fallito il tentativo di trovare in Parlamento una pattuglia di “responsabili” con cui compensare i voti renziani, ha gettato la spugna. È salito al Colle nella prospettiva di ricevere il reincarico da Mattarella, col dubbio, tuttavia, che i due partiti maggiori possano accordarsi su un altro nome. Una decisione che di fatto apre una crisi al buio.

Conte ha cercato una strada per una crisi pilotata, ma i dubbi restano. L'equilibrio del Conte 2 ormai è superato e nessuno sa se si approderà a un nuovo equilibrio con un Conte 3. Finito il valzer delle consultazioni la nebbia sarà un po' diradata.

BENIAMINO MORO

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
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