L a proposta franco-tedesca per la creazione di un Recovery Plan europeo ha impresso una sterzata decisiva alle politiche della Commissione Ue, non solo con riguardo alla possibilità, sinora osteggiata, di mutualizzazione del debito pubblico europeo, ma soprattutto per il futuro stesso dell'Unione europea.

Si tratta infatti di una svolta epocale: per la prima volta la Commissione propone ufficialmente di utilizzare il bilancio comune dell'Ue per stabilizzare il ciclo economico e non solo per finanziare investimenti a lungo termine. Ursula von der Leyen non si è fatta sfuggire l'occasione dell'accordo franco-tedesco e ha rilanciato la posta sino ad arrivare a 750 miliardi d'intervento, tra aiuti diretti agli Stati (500 miliardi) e prestiti mutualizzati a bassissimo tasso d'interesse (250).

Questi ultimi di fatto si configurano come i tanto auspicati eurobond già proposti, sinora senza successo, dall'Italia e dagli altri Paesi mediterranei. Perciò, costituiscono di per sé una rivoluzione nell'aver fatto accettare alla Germania il principio sinora osteggiato della mutualizzazione.

I n concreto, la Commissione inizia a prendere a prestito dai mercati oggi, creando un debito europeo, e poi inizierà a rimborsare i prestiti a partire dal 2028 e fino al 2058. Ci saranno quindi fondi da spendere nel breve termine e da ripagare nel medio-lungo termine. Si calcola che il Recovery Plan, insieme agli altri strumenti di emergenza già varati dalla Commissione (Piano Sure, Banca Europea degli Investimenti, Mes) e ai 1.000 miliardi di euro che la Bce si è impegnata a immettere nel sistema finanziario, riuscirà a mobilitare più di 2.000 miliardi nei prossimi sette anni, cioè più del doppio di un bilancio europeo tradizionale. Un'altra novità è data dal fatto che i soldi non verranno distribuiti in proporzione al peso economico dei vari Stati, come si era soliti fare in passato, ma in base al danno prodotto alle economie dei vari Paesi dalla pandemia. Pertanto, all'Italia, che ha subito i danni maggiori da Covid-19, andrà anche la quota maggiore del Fondo, pari a 172,7 miliardi, di cui 81,8 come aiuti a fondo perduto condizionati a determinati risultati, e 90,9 sotto forma di prestiti. Il Piano verrà presentato al Parlamento europeo per il parere di competenza e andrà in approvazione definitiva al vertice europeo dei Capi di Stato e di governo del 19 giugno. Proprio in vista di questo vertice decisivo, comincerà ora la trattativa tra il fronte dei Paesi favorevoli, che con la Germania e la Francia in testa sono in schiacciante maggioranza, e i cosiddetti Paesi frugali (Austria, Danimarca, Svezia e Olanda), che pur essendo in netta minoranza possono tuttavia bloccare l'iniziativa che necessita di un'approvazione all'unanimità. Questi ultimi vorrebbero sostituire la quota dei finanziamenti a fondo perduto con prestiti vincolati a un rigoroso piano di riforme. Perciò, prima di cantare vittoria occorrerà che i Paesi favorevoli (in primis proprio Germania e Francia) facciano un'opera di convincimento adeguata alla gravità della situazione. Occorrerà pazienza e molta diplomazia, perché il risultato finale non può essere dato per scontato. Ma certamente sarebbe importante giungere alla solidarietà che il Recovery Plan della Commissione offre a tutti, a noi per primi.

BENIAMINO MORO

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
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