È nella natura umana, le crisi sembrano sempre più “vere” quando ci toccano personalmente. Così, dopo mesi di notizie sul coronavirus, di città cinesi in quarantena, di voli sospesi, di numeri sempre in aumento di contagi e, tragicamente, di morti, quello che sembrava comunque relativamente distante ora è impossibile da ignorare. Tutti i cambiamenti che dobbiamo implementare fanno sì che il virus sia saltato dai notiziari alla nostra quotidianità. E la preoccupazione che prima rimaneva astratta è diventata tangibile.

Per me questo è successo due settimane fa, quando al ritorno a Londra da una settimana bianca nel Nord Italia, arriva la direttiva dal governo britannico che tutti quelli tornati da zone “a rischio” devono rimanere in auto-isolamento. Bimbo a casa dall'asilo, io e mio marito a lavorare da casa anche se in realtà eravamo al telefono con il Servizio Sanitario Nazionale (il National Health Service) per organizzare il test, visto che abbiamo avuto sintomi (starnuti e tosse, che affliggono mezza Londra ogni anno da metà novembre ad aprile). Alla fine, niente test perchè siamo tornati quattro giorni prima della soglia di una possibile incubazione. E così si cerca di tornare alla vita normale.

Ma in Inghilterra, come in Italia, la vita normale rimane elusiva. Qui i primi 100 contagi sono confermati e ieri è stata annunciata la prima morte, un paziente con altre complicazioni di salute. Si pensa ce ne saranno molti altri.

I l Regno Unito sarà pure un'isola, ma Londra è uno dei centri globali, e i suoi aeroporti i più trafficati al mondo. I numeri contenuti di casi nel Regno Unito potrebbero essere più indicativi di un tasso relativamente basso di test che di un vero contenimento del virus. Vedremo.

Intanto tutti cerchiamo di prevedere l'imprevedibile e di organizzarci. Le scuole non saranno ancora chiuse come in Italia, ma gli scaffali al supermercato iniziano a svuotarsi e l'amuchina non si trova nemmeno a peso d'oro. Tantissimi eventi culturali sono stati disdetti o rinviati e le direttive per l'auto-isolamento si fanno più severe. Ora chiunque torni da qualsiasi parte dell'Italia, non solo il Nord e inclusa la Sardegna, deve auto-isolarsi per due settimane al primo sintomo. Il consiglio è di evitare qualsiasi viaggio verso un Paese infetto o parzialmente infetto che non sia essenziale.

E così a malincuore ho disdetto un viaggio in Sardegna previsto per la settimana prossima. Il pretesto era la proiezione all'università di Cagliari del mio nuovo documentario, rimandata per ovvie ragioni. Ma in tempi normali sarei venuta lo stesso. Adoro la Sardegna d'inverno. Di solito la vivo solo nel suo massimo splendore estivo, ma d'inverno l'isola ha una magia tutta sua, come una signora gloriosamente elegante che rimane altrettanto bella anche in abiti semplici e senza trucco. Adoro avere il tempo di poter stare un po' con i miei cugini senza le distrazioni e i movimenti di agosto. Ci tenevo particolarmente a stare un po' con mia cugina Elisabetta che ha perso da poco il padre, per parlare dei nostri cari che non ci sono più e ricordarci insieme i bei momenti del passato.

Certo, lo faremo nei prossimi mesi ma so per esperienza che sono le prime settimane dopo la scomparsa di un genitore ad essere le più dure. Niente aiuta di più della vicinanza e affetto di amici e famiglia.

Tutto questo però non rientra nella definizione del governo di “viaggio essenziale”. E i datori di lavoro considererebbero una potenziale quarantena per un cosiddetto “viaggio personale”, un rischio inutile. E allora la lontananza si fa sentire. Per me e per i migliaia di giovani (e non tanto giovani) sardi che pur vivendo e lavorando in Inghilterra sapevano di poter tornare a casa in poche ore, spesso con pochi soldi su voli low-cost ad orari improponibili. Ora invece la distanza fra le isole si fa sentire, e ci rendiamo conto quanto siamo in effetti lontani. E quanto abbiamo dato per scontato non solo la nostra salute, ma anche un mondo così collegato che Londra e la Sardegna sembravano veramente dietro l'angolo l'una dall'altra.

BARBARA SERRA

GIORNALISTA, CONDUTTRICE

DI AL JAZEERA A LONDRA
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