N onostante le varie promesse che non sarebbe stato necessario, qui in Inghilterra siamo nuovamente in lockdown nazionale. Almeno per i primi giorni abbiamo avuto le elezioni americane come intrattenimento. Visto che inglesi e americani sono “due popoli divisi da una lingua in comune” molti inglesi hanno passato ore davanti alla CNN per vedere in diretta conteggi da stati e contee degli Stati Uniti dapprima sconosciuti. Meglio farsi una tazza di thè e discutere sul fatto che la Georgia potrebbe ribaltarsi da storicamente repubblicana a democratica, che chiedersi perché, otto mesi dopo il primo lockdown, i negozi hanno dovuto chiudere di nuovo le porte e dai ristoranti si può solo comprare cibo da asporto.

La parola lockdown - dichiarata la “parola dell'anno” dal Dizionario Collins - viene usata ovunque ma spesso descrive situazioni ben diverse fra loro. Anche qui, lockdown 2 non è certo come lockdown 1. Se dovessi mettere l'Inghilterra nel sistema italiano, direi che siamo in zona rossiccia. Sicuramente a questo lockdown manca la severità di quello di marzo, ma manca anche la sua chiarezza.

Bar e ristoranti, che prima potevano rimanere aperti fino alle 22, ora possono operare solo per asporto. Scuole, asili e università rimangono aperti. Chi può lavorare da casa resta a casa. Ironicamente, smart working in Inghilterra viene tradotto in working from home, letteralmente “lavorare da casa”. Tanto per essere chiari.

N o all'estetista, sì all'osteopatia, anche se non è una emergenza. Lavasecco aperto, sartoria chiusa. Negozi di ferramenta e giardinaggio aperti, per chi vuole riempire le giornate con il fai-da-te. Supermarket aperti, anche per prodotti non essenziali. Dentisti aperti, piscine chiuse. Banche aperte, oculisti aperti, centri di raccolta differenziata aperti. Barbieri e parrucchieri chiusi (aiuto!). Palestre chiuse, club sportivi chiusi anche se all'aperto, ma si può incontrare un membro di un'altra famiglia o abitazione per una passeggiata se si mantiene il metro di distanza. E i negozi di biciclette sono aperti, per chi ha fatto del ciclismo il nuovo jogging.

Ecco il lockdown nazionale inglese che Boris Johnson aveva promesso non sarebbe stato necessario. La metropolitana è nuovamente deserta anche se le strade di Londra sono spesso intasate di traffico causato, si sospetta, dagli allargamenti delle zone pedonali a favore del distanziamento sociale.

E proprio tutti questi cambiamenti fanno sì che l'atmosfera sia ben diversa da quella di marzo. Non c'è lo stesso senso di shock. Oramai siamo tutti abituati a mascherine, code e amuchina.

Novembre è il mese più deprimente in nord Europa, il grigiore di Londra è una realtà molto diversa dalle foto che spio su Instagram e Facebook di amici sardi in spiaggia fino a poco tempo fa. Per una volta non mi dispiace vedere le decorazioni natalizie premature nei negozi.

Ma ci sono anche notizie che luccicano di speranza. Nessuna di più dei dati preliminari del vaccino della Pfizer, che mostrano che è risultato efficace nel prevenire il 90 per cento delle infezioni.

Niente è certo di questi tempi, ma la speranza aiuta. Almeno aiuta a tener duro fino al 2 dicembre, quando Boris Johnson ha promesso di allentare le restrizioni di questo secondo lockdown, e rendere possibile un Natale con famiglia e amici, proprio quest'anno che ne abbiamo bisogno più che mai. Speranza e fiducia vanno mano nella mano di questi tempi.

La fiducia nei politici ci fa seguire regole restrittive, nella speranza di poter così un giorno tornare alla normalità. La nostra fiducia forse non è sempre ripagata, considerando gli errori fatti in entrambi i lati del Canale della Manica nella gestione della pandemia.

Per ora qui in Inghilterra ci aggrappiamo alla speranza. Nel vaccino, in un Natale senza lockdown, in frontiere aperte per poter riabbracciare i nostri cari distanti. Aspettando il 2 dicembre e la fine di quello che sarà sicuramente un inverno più freddo e buio del solito.

BARBARA SERRA

GIORNALISTA, CONDUTTRICE

DI AL JAZEERA A LONDRA
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