Sono oltre 670, secondo l’ultimo bilancio, le vittime di una frana che ha raso al suolo sei villaggi in Papua Nuova Guinea, secondo quanto ha riferito un funzionario delle Nazioni Unite. «Ci sono circa 150 case sepolte, e si stima che 670 persone siano morte», ha detto Serhan Aktoprak.

I servizi di emergenza hanno ingaggiato una cosa contro il tempo per cercare i sopravvissuti nell’area del disastro, anche se sono ostacolati dal terreno accidentato e dai danni che le strade principali hanno subito, mentre alcune zone sono accessibili solo tramite via aerea, dunque con gli elicotteri.

La frana, con tutta probabilità causata dalle forti piogge che hanno colpito la zona nelle ultime settimane, ha distrutto bestiame, raccolti e fonti di acqua pulita, ma soprattutto ha sepolto centinaia di case negli altopiani di Enga, nel nord dell'isola nel Pacifico sud-occidentale, nella notte tra giovedì e venerdì e a distanza di oltre 24 ore dalla tragedia non si conosce ancora quante persone siano rimaste intrappolate sotto le macerie.

Il primo ministro della Papua Nuova Guinea, James Marape, ha reso noto che il governo sta lavorando con i funzionari locali per fornire «soccorso, ma anche per il recupero dei corpi e la ricostruzione delle infrastrutture». Il presidente Joe Biden ha annunciato che gli Stati Uniti sono pronti a fornire assistenza, e ha definito la Papua Nuova Guinea uno «stretto partner e amico» degli Usa.

(Unioneonline/s.s.)

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