«Siamo sul punto di raggiungere un grande risultato. Spero di potervi annunciare il rilascio di tutti i nostri ostaggi, in un colpo solo». All'indomani della risposta «aperta» di Hamas al piano di Donald Trump, il premier Benyamin Netanyahu parla alla nazione con un videomessaggio registrato in ebraico e diffuso a media e tv per spiegare l'accelerazione delle ultime ore agli israeliani e confermare le sue linee rosse alla vigilia dei nuovi colloqui in Egitto. «Stati Uniti e Israele limiteranno i negoziati a pochi giorni. Poi Hamas verrà smantellato», ha assicurato, sottolineando che è Hamas ad essere «stato costretto ad accettare il piano Trump». E non Israele. Al contrario: «Al fine di restituire i restanti 48 ostaggi, qualche settimana fa ho ordinato all'Idf di entrare nella roccaforte più importante di Hamas, Gaza City. Allo stesso tempo, ho coordinato con il Presidente Trump e il suo team una mossa diplomatica che ha ribaltato la situazione in un istante: invece di Israele isolato, è Hamas ad essere isolata», ha assicurato.

«Dopo le negoziazioni, Israele ha accettato la linea di ritiro iniziale, che abbiamo mostrato e condiviso con Hamas», ha annunciato Donald Trump su Truth. «Quando Hamas confermerà, il cessate il fuoco entrerà in vigore immediatamente, inizierà lo scambio di ostaggi e prigionieri e creeremo le condizioni per la fase successiva del ritiro, che ci avvicinerà alla fine di questa catastrofe di 3000 anni».

Poco prima anche il ministro degli Esteri Gideon Sa'ar aveva rivendicato che lo schema americano per la pace «non è stato imposto a Israele, ma è in larga misura un'iniziativa israeliana». Netanyahu ha quindi insistito che «l'Idf rimarrà nei territori che controlla nella Striscia di Gaza», contrariamente al ritiro in tre fasi previsto dal piano e tra i punti cruciali di scontro con Hamas. Il premier ha poi detto agli israeliani di «sperare di poter annunciare il ritorno dei rapiti per la festività del Sukkot» che quest'anno cade tra il 6 e il 12 ottobre, e che coincide con il secondo anniversario dell'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023.

A premere per un rapido accordo sulla base del piano americano, sono proprio le famiglie degli ostaggi che anche questo sabato hanno chiamato l'intera popolazione israeliana ad una grande dimostrazione di solidarietà. In 120 mila hanno risposto scendendo per le strade di Tel Aviv in questi «giorni decisivi». «È il momento in cui tutto Israele deve unirsi e chiedere a gran voce: fate tutto il possibile per riportare a casa i nostri fratelli e sorelle e ponete fine alla guerra. Non ci fermeremo finché non tornerà l'ultimo ostaggio», ha dichiarato il Forum dei familiari. Nella frenetica notte tra venerdì e sabato, nonostante fosse Shabbat, il primo ministro ha avuto colloqui con i ministri Israel Katz e Ron Dermer e ha convocato i due rappresentanti di ultradestra del governo Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir per sabato sera.

Proprio Ben Gvir, prima di incontrare il premier, ha minacciato di lasciare il governo se Hamas «continuerà a esistere» dopo il rilascio degli ostaggi. Mentre il capo dell'opposizione Yair Lapid ha avvertito che non consentirà ai due ministri messianici di boicottare il piano. Israele al momento si sta concentrando sulla prima fase dell'intesa che riguarda la liberazione di tutti gli ostaggi. L'intenzione, dicono i commentatori, è di condurre un negoziato molto breve e mirato sui dettagli del meccanismo di liberazione degli ostaggi, e i nomi dei detenuti palestinesi che saranno rilasciati. La valutazione è che, se l'accordo fallisce, Israele potrà continuare a combattere con l'approvazione degli Usa. Il dottor Nasser Laham, considerato molto vicino ad Abu Mazen, ha dichiarato che il piano di Trump non è per la fine della guerra, ma «per cambiare il Medio Oriente. La prossima fase non sarà solo l'emergere di nuove figure politiche, ma ciò che la distinguerà davvero saranno i nuovi programmi politici. I vecchi programmi si sono logorati, e l'elettorato prova stanchezza», ha detto, anticipando le intenzioni del presidente dell'Anp di cambiare rotta rispetto al passato.

(Unioneonline)

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