"Sono sei anni che vengo maltrattato, trattato come un cane e non dico niente perché so che dopo la mia morte sarò resuscitato". 

Lo ha dichiarato il terrorista franco-marocchino Salah Abdeslam, l'unico attentatore superstite degli attacchi a Parigi del 13 novembre 2015, all’apertura del maxi-processo al palazzo di giustizia della capitale francese.

In oltre cinque anni di detenzione il terrorista franco-marocchino 31enne, isolato nel carcere di massima sicurezza, non aveva mai detto una parola nel quadro dell'istruttoria.

L'accusa del kamikaze è arrivato dopo il malore di un altro imputato, Kharkhach.

Parole che hanno suscitato un forte brusio, mentre dalle ultime file - dove c'erano i pochi familiari delle vittime presenti - si è levato qualche grido di protesta, uno in particolare che ha ricordato all'imputato che lamentava maltrattamenti: "Noi abbiamo avuto 130 morti".

Il terrorista ha inoltre scagionato altri tre imputati alla sbarra per quella tragica notte di sangue.

"Mi hanno reso dei servizi, ma non sapevano assolutamente nulla degli attentati, sono in carcere e non hanno fatto nulla", ha dichiarato.

Con quattordici imputati, il processo durerà nove mesi e vedrà alternarsi imputati, superstiti, familiari delle vittime, inquirenti e testimoni.

(Unioneonline/F)

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