«Fratelli e sorelle, essere “in uscita” significa per ciascuno di noi diventare, come Gesù, una porta aperta. È triste e fa male vedere porte chiuse: le porte chiuse del nostro egoismo verso chi ci cammina accanto ogni giorno; le porte chiuse del nostro individualismo in una società che rischia di atrofizzarsi nella solitudine; le porte chiuse della nostra indifferenza nei confronti di chi è nella sofferenza e nella povertà; le porte chiuse verso chi è straniero, diverso, migrante, povero».

Lo ha detto papa Francesco nell'omelia della messa in Piazza Kossuth Lajos, a Budapest, nel suo terzo giorno di visita apostolica in Ungheria, Paese che come è noto, sotto il governo del presidente Viktor Orban (incontrato da Bergoglio l’altro ieri), porta avanti una politica di “chiusura” nei confronti dei migranti. 

«Perfino le porte chiuse delle nostre comunità ecclesiali - ha proseguito il pontefice nella sua omelia – chiuse tra di noi, chiuse verso il mondo, chiuse verso chi “non è in regola”, chiuse verso chi anela al perdono di Dio».

«Per favore: apriamo le porte!», ha aggiunto il Papa, «e cerchiamo di essere anche noi - con le parole, i gesti, le attività quotidiane – come Gesù: una porta aperta, una porta che non viene mai sbattuta in faccia a nessuno, una porta che permette a tutti di entrare a sperimentare la bellezza dell'amore e del perdono del Signore».

(Unioneonline/l.f.)

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