Niente cibo e acqua per «incontrare presto Gesù».

Questo il principio cardine su cui si basava la controversa “Setta del digiuno”, che in Kenya ha causato la morte di 425 persone. I numeri ufficiali, in continuo aggiornamento, potrebbero però aumentare. Il fondatore del gruppo Paul Mackenzie, che contava centinaia di adepti, dopo che le autorità hanno confermato il suo stato di fermo ha chiesto di «essere ucciso e gettato in un fiume». Con lui altri 15 adepti ancora agli arresti.

Le parole del pastore durante l'udienza che ha accolto le richieste degli inquirenti, che hanno chiesto di trattenere lui e i suoi presunti complici per altri 47 giorni, per permettere loro di completare le indagini. Mackenzie, le cui accuse di omicidio e istigazione al suicidio, più altri reati verranno confermate oggi, ha aggiunto che il governo «vuole continuare ad abusare dei loro diritti e a trattarli brutalmente».

Recentemente, la polizia della regione costiera del Kenya, ha lanciato l'allarme su un possibile suicidio di massa dei seguaci ancora vivi della setta, in quanto il predicatore aveva vaticinato la fine del mondo per il mese di agosto. Stando alle sue prediche, chi sarebbe morto a seguito dell’astensione dal cibo «avrebbe incontrato Gesù». Un altro allarme arriva poi dalla Croce Rosse keniana: sarebbero più di 600 le persone scomparse nell’ambito della vicenda che è passata alla cronaca con il nome di “massacro di Shakaola”.

(Unioneonline/v.f.)

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