Diversi Moai, le teste scolpite dagli indigeni Rapa Nui cinquecento anni fa, sono stati pesantemente danneggiati a seguito degli incendi che si sono registrati sull’Isola di Pasqua, territorio che fa parte del Cile.

Un rogo, scoppiato lunedì scorso, che viene definito dal sindaco di Rapa Nui, Pedro Edmunds Paoa, “al 99,9 per cento doloso”.

Le agenzie ambientali e culturali parlano di "danni irreparabili" al patrimonio, che rischiano di mettere in crisi quell’area che cerca ora di risollevare il turismo dopo la pandemia da coronavirus.

Le fiamme, spinte dal forte vento, hanno incenerito 100 ettari dell'Isola, colpendo gravemente la zona del cratere del vulcano Rano Raraku, dove si trovano circa 400 Moai, e la cava della pietra con cui venivano realizzate le statue.

In base alle stime della Brigata di protezione ambientale di Rapa Nui, parte della Corporazione forestale nazionale cilena, il fuoco ha causato alterazioni chimiche nella composizione della pietra delle statue e "si stima che ne siano state colpite diverse decine". Inoltre, le fiamme hanno avuto "un impatto negativo sulla biodiversità dell'isola e potrebbero aver messo a rischio alcune specie autoctone della regione".

L'Isola di Pasqua conta quasi mille Moai, alti in genere circa 4 metri e scolpiti tra il 1400 e il 1650 a formare un anello attorno al territorio. Con occhi infossati e orecchie lunghe, per il popolo Rapa Nui sono considerati l'incarnazione vivente di un antenato.

(Unioneonline/s.s.)

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