Ci separano poche ore dalle elezioni presidenziali statunitensi, le più attese, e ho come l’impressione che qualunque possa essere l’esito del voto, comunque, il paese più potente del globo, seppure per diverse ragioni, correrà il serio rischio di immettersi definitivamente in un lungo percorso di crisi assai complesso da gestire.

Presagire chi fra i due potenti contendenti sarà eletto Presidente della White House non è cosa da poco, specie se si considerano le variabili in campo, lo stesso sistema elettorale, quello dei cosiddetti grandi elettori che costituiscono il vero ago della bilancia, la difficile situazione economica in cui versa il Paese, e la non facile comprensione del “sentimento politico” di un elettorato complessivo tutt’altro che composito che, a ben considerare, deciderà non soltanto la politica interna degli Stati Uniti d’America ma, “volenti o nolenti”, influenzerà in maniera significativa e determinante anche gli assetti della politica internazionale ed europea in particolare. Se vivessimo “in teoria” la vittoria sarebbe senza dubbio da tributarsi al candidato migliore in campo, ossia al candidato democratico Joe Biden il quale, stando ai sondaggi, e nonostante la sua “tenera” età, parrebbe effettivamente essere considerato il favorito, come pure lo fu, purtroppo senza esito, la fortissima Hillary Clinton nel recente passato anno 2016. Tuttavia, e purtroppo, ci ritroviamo a “vivere in pratica”, nell’ambito della quale la meritocrazia e l’adeguatezza assumono un significato alquanto relativo, mutevole e “diversamente” opinabile, per cui in buona sostanza, e banalmente, solo “chi vivrà vedrà”. Personalmente, ho buone ragioni per ritenere che il vecchio caro Donald, malgrado la forza spiegata, potrebbe non essere rieletto, sia perché il peggior nemico dell’attuale uscente “Mister President” resta pur sempre il suo smisurato “ego” ed “alter ego” con tutte le contraddizioni interiori ed esteriori che lo caratterizzano, sia perché l’utilizzo improprio e tendenzioso delle parole esercitato sul Social Twitter nel corso della sua accesissima campagna elettorale, nell’ambito del quale si faceva lecito, ai limiti del subliminale, di evocare il “second amendment” nel chiaro intento di richiamare a sé, ed al suo personale e pericolosissimo “ordine costituito”, tutti i potenziali elettori appassionati di armi, non è di fatto piaciuto all’anima moderata e pacifista del popolo: più che altro mi piacerebbe fosse davvero così.

Oggi più che mai, infatti, dopo ben quattro lunghissimi anni di trumpismo dilagante e soffocante, gli Stati Uniti d’America ed il Mondo intero necessitano disperatamente di un cambio decisivo di passo, di un Presidente moderato, concludente e progressista che non solo abbassi i toni schiaccianti e deliranti della competizione politica e della gestione del potere, ma che soprattutto restituisca un deciso e decisivo equilibrio socio-economico-umanitario al Paese ponendo fine all’azione fine a se stessa “ad excludendum alios” tipica dell’illustre “inquilino” più impopolare di tutti i tempi. Ma si sa che la politica del potere e dei poteri, a tutti i livelli, dalla base all’apice, conosce percorsi alternativi e paralleli che noi miseri mortali non possiamo neppure lontanamente immaginare, e quand’anche riuscissimo ad immaginarli e a comprenderli resteremo inevitabilmente esclusi dalla loro gestione giacché, allo stato attuale, gli assetti democratici si ritrovano a dover patire una condizione di patologica “sospensione” impeditiva di qualsivoglia utile contraddittorio. Sicché, l’atteggiamento più saggio ritengo consista nel non lasciarsi andare ad inutili previsioni, le quali, all’evidenza, soddisfano il gusto della “suspence” ma, di fatto, lasciano il tempo che trovano e rischiano di farci perdere di vista gli aspetti realmente salienti che queste elezioni saranno capaci di riflettere rispettivamente a livello nazionale, europeo ed internazionale, soprattutto allorquando si inizi ad accettare l’idea che il nostro amato “Vecchio Continente” debba apprestarsi ad intraprendere un autentico percorso autonomistico rinunciando una volta per tutte alla stampella politica e militare instabile e destabilizzante fino ad ora offerta per gentile concessione dal Colosso Americano.

Al proposito, non sarà infatti superfluo considerare che le Istituzioni Europee non possono più chiudere gli occhi di fronte al fatto che Donald Trump e le sue assurde guerre doganali al limite del grottesco e del ridicolo hanno compromesso di fatto la storica fratellanza tra vecchio e nuovo continente. Inoltre, allo stesso modo, è pure il caso di precisare che l’eventuale vittoria di Joe Biden, nel caso specifico, benché idonea a garantire un deciso riavvicinamento tra le due sponde dell’Atlantico, non condurrebbe alla cancellazione di quei medesimi odiosi provvedimenti, quanto meno nel breve termine, né sarebbe utile a modificare l’obiettivo finale dell’interesse geopolitico americano che oramai da decenni si rivolge sistematicamente e notoriamente verso l’Asia ed in particolare verso la Cina. Ciò nonostante, se è vero, come è vero, che l’eventuale rielezione di Donald Trump recherebbe con se riflessi ancor più devastanti per l’Unione Europea, soprattutto per le divisioni interne che la circostanza determinerebbe tra quanti, tra gli Stati Membri, si risolvessero nel senso di imboccare la strada dell’autonomismo e quanti si determinassero, invece, nel senso di perseverare nella predilezione dell’accettazione di una comoda sudditanza assistita a stelle e strisce, tuttavia, è altrettanto vero che una stupefacente e numericamente incontestabile vittoria Joe Biden sarebbe oltremodo idonea a dirigere “altrove” l’inclinazione della politica planetaria ponendosi quale fattore trainante della sconfitta del populismo e dei partiti dell’estrema destra, dal Front National di Marine Le Pen alla Lega di Matteo Salvini, privi a quel punto di un forte “promotore ideologico”. A noi Italiani, pertanto, ed a conti fatti, stante pure l’intrapresa amicizia con la Cina, non resta che riporre le nostre speranze sulla vittoria del “Migliore in Campo”.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)
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