Benjamin Netanyahu torna alla riscossa.

Alle ultime elezioni in Israele, che hanno registrato la più alta affluenza (oltre il 66%) alle urne da decenni, precisamente dal 1999, la maggioranza a totale trazione di destra, che ha guidato in questo anno e qualche mese dall'opposizione, con il 97% del voto scrutinato ha ottenuto circa 65 seggi (su 120 alla Knesset), seguito da quello di Yair Lapid con 50 e dai 5 ottenuti dagli arabi di sinistra di Hadash Taal.

Una vittoria che riporta al comando il più longevo premier della storia di Israele, ancor più del padre della patria David Ben Gurion. Il suo Likud ha avuto 30 seggi, il partito di Lapid 24. Netanyahu, 73 anni, è stato primo ministro per due volte, dal 1996 al 1999 e di nuovo dal 2009 al 2021.

Boom del Sionismo religioso di Itamar Ben Gvir, il radicale di destra anti-arabo dalle venature razziste che vuole annettere l'intera Cisgiordania senza concedere diritti ai palestinesi. Lui - e il suo sodale Bezalel Smotrich - sono accreditati di 14/15 seggi: una vittoria storica, secondo tutti gli analisti e i commentatori, che Ben Gvir ha già ipotecato chiedendo nei giorni scorsi il ministero della Pubblica sicurezza.

Sarà difficile per Netanyahu fare a meno di quei seggi, anche se Usa e Paesi del Golfo, con in testa gli Emirati Arabi, lo hanno ammonito che l'ingresso al governo di Ben Gvir non potrà che avere ricadute negative sugli Accordi di Abramo. Reggono poi i partiti religiosi, i Laburisti, la sinistra Meretz, il partito arabo islamista di Mansour Abbas (grande alleato di Lapid), mentre restano fuori i comunisti di Hadash Taal.

(Unioneonline/D)

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