Una delle più grandi acciaierie d’Europa, che sforna ogni anno quasi 4 milioni di tonnellate di semilavorati destinati ai principali mercati europei e mondiali.

Ma oggi è il luogo simbolo della resistenza di Mariupol, città martoriata dall’invasione russa. L’acciaieria di Azovstal ha un’area di oltre 11mila metri quadrati: tra altoforni, fornaci, stabilimenti, capannoni, edifici, un dedalo di sotterranei, tunnel e cunicoli e una fitta rete di binari. 

Il luogo ideale per la guerriglia, una sorta di gigantesco bunker scelto non a caso dal battaglione Azov a cui si è unita la schiera di volontari stranieri e combattenti ucraini.

Un impianto non facile da espugnare, pensato e costruito per resistere anche ad attacchi nucleari e realizzato nel 1930 dagli stessi russi. In un’intercettazione diffusa dai servizi di sicurezza ucraini un militare russo parla di un ordine di Mosca di raderla al suolo.

A fondarla fu il Presidio del Soviet Supremo dell'Urss, e solo tre anni dopo, nel 1933, la prima produzione uscì dall'altoforno, spento prima d'ora solo durante la Seconda guerra mondiale, quando nel 1941 la Germania nazista occupò Mariupol.

Nel settembre del 1943, dopo la liberazione della città, lo stabilimento fu ricostruito. "E' una fortezza in una città", aveva raccontato Rinat Akhmetov, il miliardario e uomo più ricco dell'Ucraina, che controlla il gruppo Metinvest a cui fa capo l'acciaieria che fino all'inizio della guerra aveva quasi 11 mila dipendenti.

Le attività sono state sospese il 24 febbraio, primo giorno dell’invasione russa: uno stop che rappresenta un duro colpo economico per l’Ucraina, 12esimo produttore d’acciaio al mondo, ma anche per il mercato italiano che – secondo alcune stime – nel 2020 ha assorbito il 46% del volume di vendite di Azovstal.

(Unioneonline/L)

© Riproduzione riservata