Virus, lo "scudo genetico" che ha evitato il disastro nel Sud Italia
I geni presenti nel Dna che hanno disegnato la geografia dei contagi nel nostro PaesePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Uno scudo genetico potrebbe aver salvato il Sud dagli effetti devastanti che l'epidemia di coronavirus ha avuto nel Nord Italia, garantendo difese immunitarie più forti agli individui di alcune regioni e province rispetto ad altre, contribuendo così a disegnare la geografia dei contagi nello Stivale.
Lo suggerisce uno studio italiano pubblicato sull'International Journal of Moleculare Sciences e coordinato da Antonio Giordano, dello Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine.
"Questo studio - spiega Giordano - potrebbe generare un importante test diagnostico per identificare i soggetti predisposti alla comparsa di sintomi più gravi in caso di infezioni virali".
Lo studio si basa sull'utilizzo dei dati genetici del registro italiano dei donatori di midollo, che include circa 500mila donatori provenienti da tutta Italia. Gli esperti hanno così scoperto che la distribuzione di certi geni cruciali per il funzionamento del sistema immunitario nel Dna di individui delle varie regioni ricalca fedelmente la distribuzione dei casi a livello nazionale, come se ci fossero dei geni più o meno protettivi contro il Sars-CoV2.
Gli scienziati hanno considerato i geni per il "sistema HLA" che svolge un ruolo cruciale nei meccanismi di difesa immunitaria del nostro organismo. E hanno scoperto che due varianti geniche di questo sistema - 2HLAB44 e C01 - sono decisive nella diffusione del contagio. Maggiore la percentuale di individui portatori di questi geni in un certo territorio, maggiore è la diffusione del Covid. Minore è la distribuzione, minore è la diffusione del virus.
Addirittura prendendo in considerazione regioni come Emilia e Marche, dove la frequenza dei casi è stata molto diversa tra provincia e provincia, la distribuzione provinciale di tali geni rispecchia alla perfezione la diffusione del contagio.
I due geni 2HLAB44 e C01, dunque, scatenano reazioni immunologiche inadeguate nei confronti del nuovo coronavirus.
"L'identificazione di HLA permissivi o protettivi nei confronti dell'infezione potrebbe fornire informazioni preziose per la gestione clinica dei pazienti oltre a definire priorità nelle future campagne di vaccinazione", afferma Luciano Mutti, co-autore dello studio, specificando che "saranno necessari nuovi studi per confermare questi risultati". Studi che sono già in corso.
(Unioneonline/L)