Dodici anni fa una donna è stata trovata morta su una panchina di Milano, in via Borsa. Ammazzata con una coltellata al cuore. La pista più battuta dagli inquirenti è stata quella di un killer sardo perché di fianco al corpo di Pasqualina La Barbuta, portinaia di 37 anni e con tre figli piccoli, c’era un coltello del tipo “pattadese”, caratteristico proprio dell’Isola. Ma in tutto questo tempo il giallo non è stato risolto, mentre ora sono emersi nuovi elementi grazie ai grandi passi avanti della tecnologia.

Quel 6 maggio 2009 la donna era al suo primo giorno di lavoro, in sostituzione di una collega. Arrivata l’ora della pausa pranzo, era andata al parco per consumare il suo panino. Un uomo le si era avvicinato, lei si era alzata forse per andargli incontro, e lui le aveva sferrato un fendente rivelatosi mortale con una lama da otto centimetri. Questo è quel poco che si sa. Secondo un testimone, l’omicida indossava un giubbotto bianco, era alto circa un metro e settanta e poteva avere tra i 35 e i 40 anni.

Sul coltello, dai primi rilievi, non era stato isolato alcun Dna ma ora il genetista Marzio Capra – come riporta la stampa locale - è riuscito invece a trovare un grande indizio: una goccia di sudore e un frammento di pelle rimasto incastrato tra la lama e il manico della pattadese.

Adesso si ha la certezza che l’autore del femminicidio sia un sardo o, in alternativa, un siciliano. Comunque un isolano e non si tratta di quello finito al centro dei sospetti: l’uomo sardo che, simile all’identikit fornito dal testimone, compariva nell’agendina telefonica di Pasqualina. Il suo Dna non corrisponde a quello isolato.

La polizia prosegue le indagini e lancia un appello a chiunque posso aiutare a individuare il responsabile.

(Unioneonline/s.s.)

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