Ha ucciso la moglie perché affetto da “delirio di gelosia” ed era dunque incapace di intendere e volere. Antonio Gozzini, bresciano di 81 anni, è stato assolto anche dai giudici d'appello.

Il delitto risale all'ottobre del 2019: Gozzini aveva ammazzato la moglie Cristina Maioli, insegnante in pensione, prima colpendola con un mattarello, poi a coltellate. Quindi aveva vegliato in casa il cadavere per ore prima di chiamare un'amica di famiglia e spiegare quanto aveva commesso. In primo grado venne chiesta la condanna all'ergastolo, oggi in appello la richiesta si è fermata a 21 anni di carcere.

Ma anche stavolta l'imputato è stato assolto per infermità mentale. Nel corso del processo di primo grado i consulenti dell'accusa e della difesa avevano concordato sull'incapacità di intendere e volere dell'uomo, ma il pm chiese comunque l'ergastolo arrivando a dire che "il rischio è che passi il messaggio che qualsiasi uomo geloso può essere giustificato". Il tribunale di Brescia precisò che non si parlava di una persona gelosa, ma di una persona affetta da una patologia.

Poi arrivarono le motivazioni in 28 pagine: "Si tratta di un verdetto assolutorio con il quale la Corte non intende certo riservare al Gozzini un salvacondotto o un trattamento indulgente a fronte della perpetrazione di un'azione orribile, ma semplicemente tener conto di un elementare principio di civiltà giuridica, quello secondo cui non può esservi punizione laddove l'infermità mentale abbia obnubilato nell'autore del delitto la capacità di comprendere il significato del proprio comportamento", le parole del presidente della Corte d'Assise Roberto Spanò.

Una tesi evidentemente accolta anche dai giudici d'appello che hanno confermato il primo verdetto nonostante il procuratore generale Guido Rispoli avesse chiesto la condanna a 21 anni di carcere per Gozzini sostenendo che "la sua gelosia patologica non era mai emersa prima dell'omicidio. Se n'è parlato solo a posteriori, solo nel tentativo di trovare una causa di non punibilità". Lo stesso procuratore generale, dopo la sentenza d'appello che ha confermato il primo grado, si è limitato a dire: "Leggeremo le motivazioni". Soddisfatto l'avvocato Jacopo Barzellotti, difensore dell'81enne imputato che ne aveva chiesto l'assoluzione. "La sentenza è giusta", ha commentato. "Anche perché - ha aggiunto - il movente indicato dall'accusa è totalmente destituito di fondamento. Gozzini avrebbe ucciso la moglie perché non voleva essere ricoverato e sottoposto alle cure necessarie per la sua depressione. Ma emerge dagli atti - ha detto l'avvocato - non solo che Gozzini fosse d'accordo, ma anche pronto al ricovero".

(Unioneonline/D)

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