Nuovamente in cella, due giorni dopo la clamorosa scarcerazione. È durata poco la libertà del boss della 'ndrangheta Domenico Paviglianiti, arrestato dai carabinieri di Novara in collaborazione con la polizia.

Paviglianiti, che era detenuto nel carcere della città piemontese, era stato scarcerato il 6 agosto per effetto della decisione di un giudice di Bologna su una complicata questione di procedura.

Condannato all'ergastolo, era stato catturato in Spagna nel 1996. L'estradizione era stata concessa a condizione che l'Italia non applicasse il carcere a vita, che all'epoca non era previsto dall'ordinamento spagnolo.

Per questo motivo, su richiesta dei legali, il gup di Bologna aveva rideterminato la pena a trent'anni di reclusione, che risultavano già scontati. Infatti, ai 23 anni trascorsi in cella, vanno tolti tre anni e mezzo da scontare ad altro titolo, tre di indulto e 1.815 giorni di liberazione anticipata (45 per ogni sei mesi).

Un successivo ricalcolo ha portato al nuovo arresto, visto che una delle condanne passate in giudicato comprese nel cumulo si riferiva in realtà a fatti avvenuti dopo l'estrazione.

Il boss è accusato di sette delitti e tre tentati omicidi, commessi prima nel corso della guerra tra i clan Trovato - Flachi e Batti e più tardi negli anni '90. Era ricercato anche per associazione mafiosa e traffico di droga e armi.

L'attuale fine pena è fissata al 2027.

I carabinieri non lo avevano mai perso di vista dopo la scarcerazione, è stato dunque facile oggi rintracciarlo e riportarlo in cella.

(Unioneonline/L)
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