Gente finita in terapia intensiva o in rianimazione dopo aver mangiato, inconsapevolmente, del tonno pinna gialla adulterato con sostanze nocive. Agiva invece con consapevolezza chi quel pesce lo lavorava trattandolo con nitriti e nitrati «per esaltarne aspetto e colore» e chi lo analizzava omettendone la pericolosità.

Questa è la convinzione degli inquirenti della Procura di Trani che, al termine delle indagini dei carabinieri del Nas hanno dato esecuzione a 18 misure cautelari. Cinque persone sono finite in cella: tre di Bisceglie (Bat) e due di Avellino, si tratta dei vertici di due imprese ittiche di Bisceglie, di un laboratorio di analisi campano e di una società di consulenza e certificazioni anch’essa campana. Altre sei persone sono finite ai domiciliari, per cinque è stato disposto il divieto di dimora e per le restanti due l’obbligo di dimora.

Le accuse, a vario titolo, sono associazione per delinquere finalizzata, tra l'altro, all'adulterazione di sostanze alimentari, frode nell'esercizio del commercio e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.

L’inchiesta è partita dopo alcuni episodi di intossicazione avvenuti in diverse province italiane tra maggio e giugno di due anni fa (da Firenze alla Liguria, dalla Campania alla Puglia sino in Abruzzo) e ha definito un «quadro allarmante del fenomeno», ha spiegato il capo della Procura di Trani Renato Nitti. «Fondamentali – ha spiegato le intercettazioni telefoniche e ambientali, è stato indispensabile sapere le esatte parole pronunciate e intercettate per capire quanto stava accadendo, sia dal punto di vista giuridico sia per la ricostruzione del fatto».

«Me li sogno la notte i cristiani che si sentono male. Nessuno ci ha lasciato le penne solo per grazia del Signore: non mangiare pesce crudo», dice nel settembre 2021 la dipendente di una delle società coinvolte.

La falsificazione di certificazioni, documenti ed etichette è stata riscontrata nei «quaderni di prova relativi alle analisi in cui si annotavano i valori reali degli additivi che venivano poi segnalati in modo falsificato e inviati alle autorità competenti che venivano così depistate nella loro attività di controllo», ha evidenziato la pm di Trani, Roberta Moramarco che ha coordinato le indagini con il collega Francesco Tosto.

«Il sistema dei controlli ha funzionato anche nei confronti di chi ha provato ad aggirarlo», ha aggiunto il colonnello Edoardo Campora, comandante del Nas per l'Italia meridionale facendo riferimento a Rasff, il Rapid alert system for food and feed che permette un veloce scambio di informazioni tra i Paesi dell'Unione europea sui rischi per la salute. «È una rete rapida - ha specificato Campora - che mette in comunicazione gli Stati comunitari sui rischi per la salute».

(Unioneonline/L)

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