Sono trascorsi 33 anni dalla strage di Capaci, nella quale persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. In questi anni il faro della giustizia non ha mai perso il suo vigore, guidando anche le nuove generazioni sulla strada della legalità e verso lo Stato di diritto. Ma su Capaci, seppur dopo più di tre decenni, ci sono anche delle novità. La notizia è di un anno fa, ma è venuta fuori solo ora: nella fase ideativa ed esecutiva dell'attentato a Giovanni Falcone la destra eversiva non ha avuto alcun ruolo. Una conclusione a cui sono giunti la Procura e il gip di Caltanissetta Santi Bologna che ha archiviato l'inchiesta sulla cosiddetta pista nera.

Un esito quasi scontato emerso alla vigilia delle commemorazioni dell'eccidio costato la vita al magistrato e agli agenti della scorta. Tra eco delle indagini e riti della memoria Palermo si è preparata a ricordare "l'attentatuni". Ancora una volta, a fare da sfondo alle manifestazioni - quella "ufficiale" della Fondazione Falcone, presieduta dalla sorella del giudice, Maria Falcone, e quella "alternativa" organizzata da diverse associazioni.

«La mafia, come ogni fatto umano, ha avuto un inizio ed avrà anche una fine»: questo ripeteva Falcone, sollecitando la società a fare la sua parte. La sua voce, come la Storia insegna, non è stata vana. Ma, come ha sottolineato oggi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del 33esimo anniversario della strage, «la mafia ha subito colpi pesantissimi, ma all'opera di sradicamento va data continuità, cogliendo le sue trasformazioni, i nuovi legami con attività economiche e finanziarie, le zone grigie che si formano dove l'impegno civico cede il passo all'indifferenza».

Il Capo dello Stato ha poi esortato a «tenere sempre alta la vigilanza, coinvolgendo le nuove generazioni nella responsabilità di costruire un futuro libero da costrizioni criminali. L'attacco feroce e sanguinario che la mafia compì trentatré anni or sono a Capaci, e che ripeté poche settimane più tardi in via D'Amelio a Palermo, costituisce una ferita tra le più profonde della nostra storia repubblicana». Al pensiero dedicato alle vittime di Capaci, si è aggiunto il ricordo di Paolo Borsellino, di Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina. Servitori dello Stato, «che la mafia uccise con eclatante violenza per piegare la comunità civile. Quelle tragedie generarono una riscossa della società e delle istituzioni. L'azione stragista svelò la minaccia alla libertà di ogni cittadino. Il contrasto alla mafia si intensificò fino a scardinare le posizioni di comando dell'organizzazione criminale».

(Unioneonline/v.f.)

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