Nella parrocchia si occupano di tutto: fanno da segretarie, da infermiere, da badanti, da colf. Eppure molto spesso si tratta di lavoro non riconosciuto.

A raccontare la vita delle suore il mensile dell'Osservatore Romano “Donne Chiesa Mondo”.

"Nei rapporti delle suore con i loro datori di lavoro c'è stato un offuscamento di quelli che io chiamo i confini. E' una questione che dobbiamo affrontare", spiega Maryanne Loughry, suora della Misericordia, docente al Boston College e consulente del Centro dei Gesuiti per i Rifugiati. Serve, dice, "la trasparenza e la conoscenza dei propri diritti basata dove possibile su accordi scritti".

E invece le religiose molto spesso si trovano a lavorare senza alcun limite orario. Si verificano poi anche situazioni in cui, in assenza di contratti scritti, "una o più sorelle non lavorano più per la diocesi o per il parroco, e di conseguenza perdono l'alloggio, diventando quasi homeless senza preavviso". Per suor Loughry "nella Chiesa ci sono molte cose date per assodate: che noi siamo molto generose, che usciamo dagli schemi se c'è da fare qualcosa di speciale. Non voglio rinunciare a questa caratteristica, ma penso che a volte venga sfruttata".

Gli abusi arrivano a essere anche "sessuali, finanziari e fisici: la Chiesa è stata portata di fronte alla responsabilità dei cattivi comportamenti". In alcuni conventi, infine, si vive "come cento anni fa ma i tempi stanno cambiando". "Le giovani hanno un nuovo modo di pensare, vedono il mondo anche attraverso i social media, vogliono avere più tempo per la ricreazione. Serve un'apertura mentale - conclude suor Loughry - per affrontare questo".

(Unioneonline/D)

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