Finiscono agli arresti domiciliari la moglie Liliane Murekatete e la suocera Marie Therede Mukamatsindo del parlamentare Aboubakar Soumahoro, nell’ambito dell’inchiesta sulla gestione dei fondi delle cooperative per l'assistenza di migranti e minori non accompagnati. Indagini avviate nei mesi scorsi e che hanno già portato a processo sei persone, tra cui Murekatete e Mukamatsindo, per reati fiscali.

Secondo le accuse centinaia di migliaia di euro sarebbero state dirottate all’estero e solo una minima parte dei 28 milioni arrivati dalle casse statali in cinque anni, dal 2017 al 2022, sarebbe stata utilizzata per migliorare le aree di accoglienza dove, invece, mancava tutto: alloggi fatiscenti con riscaldamento assente e condizioni igieniche precarie tanto che gli ospiti erano costretti a vivere, in base a quanto affermano gli inquirenti, «in condizioni offensive dei diritti e della dignità degli uomini e delle donne».

 Oltre alle due donne i pm di Latina hanno ottenuto dal tribunale l'obbligo di dimora per un figlio della suocera del deputato. Le misure riguardano appartenenti al consiglio di amministrazione della cooperativa sociale integrata Karibu. Nei loro confronti le accuse sono, a vario titolo, di frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale (per distrazione) e autoriciclaggio.

Nell'ordinanza di oltre 150 pagine il gip ricostruisce quello che definisce «un collaudato sistema fraudolento fondato sull'emissione e l'utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti e altri costi inesistenti, adoperati dalla Karibu nelle dichiarazioni dal 2015 al 2019». Una struttura «delinquenziale organizzata a livello familiare che negli anni (almeno dal 2017 in poi) non ha fatto nient'altro rispetto all'attività criminale oggetto delle imputazioni», si legge nelle carte.

Dall’esame della corrispondenza mail con i collaboratori, tutto era gestito da Murekatete che «autorizza pagamenti, organizza incontri istituzionali finalizzati - scrive il gip - a trovare nuovi sbocchi lavorativi per la cooperativa». Per il giudice le «condotte risultano volontarie e consapevolmente mirate ad un risparmio di spesa (e successiva distrazione) dei fondi pubblici percepiti. Il dato oggettivo e contabile, non superabile, è che buona parte del denaro ricevuto non è stato adoperato per le finalità preposte».

Una parte dei fondi, circa mezzo milione di euro, è stata trasferita in Ruanda, Belgio e Portogallo e reimpiegata in attività imprenditoriali e comunque estranee rispetto alle «finalità di assistenza e gestione in Italia dei migranti e richiedenti asilo» per l'acquisto di gioielli, capi firmati, soggiorni in alberghi, ristoranti e centri estetici. Uno degli indagati, si legge nell’ordinanza del gip, «avendo la disponibilità delle credenziali di accesso al conto corrente principale della Karibu e della coop Jambo, ha potuto disporre, a suo piacimento, delle risorse pubbliche erogate per la gestione dei migranti, trasferendo ingenti risorse di denaro pubblico a favore di se stesso oltreché verso l'estero e in particolare in Ruanda dove lo stesso ha avviato prima l'apertura di un supermercato e, successivamente, di un ristorante sotto l'insegna "Gusto Italiano”».

Gli indagati avrebbero tentato di disfarsi della documentazione della coop finita al centro dell'indagine: i finanzieri hanno accertato che parte degli atti contabili è stata trovata nella raccolta differenziata.

«Prendo atto della misura applicata a mia moglie Liliane, null'altro ho da aggiungere o commentare, se non che continuo a confidare nella giustizia. Ribadisco, come è agli atti, la mia totale estraneità a tutto e chiedo nuovamente di rispettare la privacy di mio figlio», ha commentato Soumahoro.

(Unioneonline/D)

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