Iscrivere nel registro degli indagati l’ex primario Saverio Tateo e la vice Liliana Mereu. Lo chiedono alla Procura di Trento i carabinieri del Nas che indagano sul caso di Sara Pedri, la ginecologa 31enne scomparsa in Trentino lo scorso 4 marzo, ipotizzando il reato di maltrattamenti.

Tateo e Mereu sono stati assegnati ad altro incarico lo scorso 12 luglio dopo la decisione della Commissione interna istituita dall'Azienda sanitaria di Trento.

Sarebbero inoltre 14 le persone, tra medici e infermieri, compresa Sara Pedri, che avrebbero subito demansionamenti e maltrattamenti sul lavoro. La decisione spetta ora alla magistratura.

La commissione interna all'Azienda sanitaria aveva effettuato 110 audizioni riscontrando "fatti oggettivi e una situazione critica nel reparto" anche se l'ex primario, attraverso i suoi legali, ha parlato di menzogne ed illazioni e di una campagna diffamatoria nei suoi confronti.

Nel reparto di ginecologia dell'ospedale Santa Chiara di Trento, secondo quanto riferito da alcune professioniste che vi hanno lavorato e dalla famiglia di Sara Pedri, si lavorava in un clima di continue pressioni e umiliazioni.

E proprio questi maltrattamenti secondo la famiglia Pedri sono all’origine della scomparsa della donna.

"L'esperienza a Trento doveva essere formativa ma purtroppo ha generato in me un profondo stato d'ansia a causa della quale sono completamente bloccata", aveva scritto la ginecologa in una lettera trovata dai carabinieri nell'abitazione della dottoressa a Cles.

Altre 70 ostetriche del Santa Chiara avevano scritto al direttore sanitario dell'Azienda sanitaria di Trento, Antonio Ferro, chiedendo di essere ascoltate sul clima lavorativo "di gravi tensioni, intimidazioni e vessazioni".

La Procura sta vagliando i contenuti del cellulare di Sara Pedri, trovato nella sua auto parcheggiata nelle vicinanze del ponte di Mostizzolo, sopra il torrente Noce.

Il fidanzato di Sara Pedri, Guglielmo Piro, ha raccontato che la giovane era stata "costretta per un intero pomeriggio a rimanere in una stanzetta da sola senza far nulla e solo alle 21, terrorizzata dalla neve, è riuscita ad andarsene e prendere l'auto per tornare a casa".

"Dopo questo episodio – ha aggiunto l’uomo – ha smesso di raccontarmi quello che le succedeva e ha iniziato a cambiare atteggiamento nei confronti dell’ambiente di lavoro. Aveva paura e ormai andava a lavorare controvoglia”.

(Unioneonline/L)

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