Di fronte agli inquirenti ha sempre negato, ma nel chiuso di una prigione, all'interno della cella che condivide con altre due persone, avrebbe confessato.

Parliamo di Simone Santoleri, in carcere per l'omicidio della madre, la pittrice di Ancona Renata Rapposelli, scomparsa il 9 ottobre 2017 da Giulianova (Teramo) e il cui corpo è stato ritrovato un mese dopo nel Maceratese, lungo una strada provinciale.

È quanto rivela il settimanale "Giallo".

"L'hai uccisa tu?", avrebbe chiesto il compagno di cella a Santoleri. E avrebbe fatto cenno di sì con la testa.

Non solo, poi avrebbe mimato il gesto dello strangolamento portandosi le mani al collo. E avrebbe detto: "Se quel giorno non avessi perso la testa oggi non sarei qui. Quella put.... di mia madre mi ha rovinato la vita e continua a farlo anche da morta".

Una confessione in piena regola, insomma, a 10 mesi dalla morte della donna: i due compagni di cella di Simone hanno chiesto al pm che si occupa delle indagini sull'omicidio di essere sentiti come testimoni e hanno raccontato quanto confidato in cella da Santoleri. Le parole sono finite agli atti dell'inchiesta.

Renata Rapposelli
Renata Rapposelli
Renata Rapposelli

Dopo la loro deposizione Santoleri è stato trasferito nel carcere di Lanciano.

Purtroppo nella cella non c'erano microspie, dunque bisogna valutare l'attendibilità dei testimoni: uno sta scontando una condanna a 25 anni per tentato omicidio e stupro di gruppo, l'altro è un ex esponente della Sacra Corona Unita, organizzazione criminale pugliese. Entrambi hanno collaborato con la giustizia.

Secondo il legale di Simone Santoleri i due "mentono per avere uno sconto di pena".

Ma a prescindere dalla presunta confessione sono tante le circostanze che hanno spinto gli inquirenti a incarcerare Simone - e Pino, ex marito di Renata - Santoleri per l'omicidio della pittrice. Troppe le contraddizioni, troppi gli elementi che non tornano nelle loro versioni secondo chi indaga.

(Unioneonline/L)
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