"Non esiste alcun ragionevole dubbio, Innocent Oseghale ha ucciso Pamela Mastropietro con due coltellate".

Lo sottolinea la Corte di Assise di Macerata nelle motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo, con 18 mesi di isolamento diurno, nei confronti del nigeriano accusato di aver violentato, ucciso e poi fatto a pezzi Pamela mettendone i resti in due trolley.

Motivo scatenante, la reazione della ragazza che non aveva acconsentito ad avere un rapporto non protetto. "Oseghale abusava delle condizioni di inferiorità fisica di Pamela di cui era ben consapevole, per avere un frettoloso rapporto non protetto cui la ragazza non aveva acconsentito".

Il niegeriano, si legge ancora, era "desideroso soltanto di appagare il proprio istinto, senza troppo tergiversare e senza attendere che Pamela smaltisse gli effetti dell'eroina".

L'uomo, "per evitare che Pamela, dopo aver abbozzato una prima reazione denotante il proprio dissenso, una volta ripresasi si allontanasse e lo potesse persino denunciare, subito dopo il rapporto le infliggeva due coltellate mortali, a distanza di alcuni minuti l'una dall'altra, dopo aver constatato che la prima non aveva sortito gli effetti definitivi sperati".

La Corte ha inoltre sottolineato la contraddittorietà delle versioni e delle parole di Oseghale, "sistematicamente volte a sottrarsi all'accertamento della verità". e "denotanti le inquietanti capacità mimetiche e simulatrici dell'imputato".

Infine, "l'opera di disarticolazione, depezzamento e decapitazione", che si svolgeva nel pomeriggio e nelle ore serali. "Fredda e lucida era la condotta criminale dell'imputato, privo di emozioni, che dopo aver appagato il proprio istinto sessuale ed ucciso, si allontanava tranquillamente da casa per svolgere il proprio lavoro (vendere droga a un cliente, ndr), salvo poi occuparsi, in un secondo momento di sbarazzarsi del cadavere di Pamela con freddezza disumana".

Oseghale non solo provvedeva "al depezzamento e alla dissezione del corpo, ma attendeva all'accurato lavaggio di tutti i resti con la varichina, cospargendo con l'ipoclorito di sodio anche i genitali e le labbra di Pamela, attività funzionale ad un inquinamento della prova omicidiaria e che non può certo trovare giustificazione nel fatto che l'imputato si sentisse, per così dire, infastidito dall'odore proveniente dai resti (il motivo per cui l'imputato, secondo la sua versione, avrebbe fatto a pezzi la ragazza, ndr) dopo aver brutalmente sezionato il cadavere con chirurgica precisione".

Una violenza "gratuita" quella esercitata dall'imputato che poi ha fatto "scempio" del cadavere.

Quanto alla mafia nigeriana, la Corte sottolinea come "nessun riscontro oggettivo emergeva dall'istruttoria dibattimentale in ordine all'affiliazione dell'imputato a organizzazioni criminali".

I legali di Oseghale hanno annunciato ricorso in appello perché "sono troppi i dubbi irrisolti".

(Unioneonline/L)
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