A settembre dello scorso anno la piccola Zaray, allora 12enne, muore nella sala operatoria dell'ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari, dove era entrata per un intervento di riduzione di una frattura al femore.

Sulla morte la Procura di Bari ha aperto un'indagine per omicidio colposo: la ragazzina non si sarebbe più svegliata dopo l'operazione a causa di una ipertermia maligna, cioè una febbre molto alta, fino ai 44 gradi di temperatura corporea.

Ma allora, in sala operatoria, è solo una persona a capirlo: una giovane anestesista che, a quanto racconta lei stessa, viene allontanata. La sua testimonianza è raccolta in una relazione della commissione di inchiesta sulla morte della 12enne.

La giovane, al quinto anno di specializzazione, aveva capito che qualcosa non andava e forse Zaray si poteva salvare.

"Ho ipotizzato in maniera esplicita che potesse trattarsi di ipertermia maligna - racconta al Corriere della Sera - Ho toccato la fronte della paziente che sembrava calda".

A quel punto la 33enne specializzanda Elisiana Lovero, della provincia di Bari, chiede un termometro e il 'dantrolene', farmaco salvavita in questi casi. "Mi è stato risposto che il dantrolene non c'era. Mi sono spostata con il caposala nella stanza dei farmaci vicina dove mi mostrava quello che diceva e mi disse che da quando le precedenti confezioni erano scadute le scorte non erano state ripristinate".

La donna riferisce dell'ipotesi di ipertermia maligna e alle rimostranze degli ortopedici per le continue interruzioni, racconta la dottoressa ai commissari, "mi viene detto di uscire dalla sala esonerandomi dalla mia attività".

La Procura ha iscritto nel registro degli indagati due medici dell'ospedale pediatrico, un chirurgo e un anestesista.

La 12enne di origini colombiane, era stata adottata da una coppia barese quando aveva sei anni. Il padre, da quel giorno, non ha mai smesso di cercare la verità.

(Unioneonline/s.a.)

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