«Il corpo di Saman era integro, ma saponificato. Per fortuna però i tessuti consentono degli accertamenti».

Lo dice l'avvocato Barbara Iannuccelli che rappresenta l'associazione Penelope come parte civile al processo per l'omicidio della 18enne pachistana, scomparsa e uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 a Novellara, nella Bassa Reggiana. 

L’autopsia sui resti che presumibilmente appartengono a Saman Abbas ritrovati il 18 novembre scorso in un casolare diroccato a 700 metri dall'abitazione della famiglia – è stata eseguita all'Università di Milano, nel laboratorio Labanof, diretto dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo (nota per aver lavorato anche i casi di Yara Gambirasio e Stefano Cucchi) incaricata dal tribunale di Reggio Emilia di fare la perizia insieme all'archeologo forense Dominic Salsarola. Le operazioni, andate avanti per circa sette ore, si sono svolte alla presenza degli avvocati degli imputati, delle parti civili, e dei consulenti da loro nominati.

«Dall'analisi esterna del corpo - spiega la legale - sono emersi scollamenti e abrasioni che possono essere dettati dall'effetto tappo, essendo stata sotto terra per un anno e mezzo». Non sono stati rilevati tagli evidenti alla gola: «Sarebbe fuorviante definirlo tale - dice Iannuccelli - e tanto più ricondurlo a causa di morte di Saman. Non vi è neppure certezza che quello visto possa essere un taglio. Potrebbe essere uno scollamento di tessuto post mortem. A riguardo sono necessari esami istologici che saranno svolti nei prossimi giorni per capire se fossero lesioni irrorate di sangue e quindi risalenti a quando Saman era ancora in vita. Ad oggi, ripeto, nessuno è in grado di dirlo».

La ragazza «aveva addosso i jeans sfilacciati da lei sul ginocchio per essere alla moda e la felpa. I vestiti sembrano essere proprio quelli riconducibili al video che la riprendevano davanti a casa nelle sue ultime ore prima della scomparsa», continua: «Aveva ancora addosso una cavigliera e un braccialetto di quelli portafortuna colorati, ma anche un paio di orecchini. E una folta chioma di capelli».

La Corte ha fissato, il 23 novembre scorso durante l'udienza di conferimento, in 60 giorni il termine ultimo per i risultati. Il 10 febbraio, invece, comincerà il processo a Reggio Emilia. Cinque gli imputati: lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq (tutti e tre in carcere), il padre Shabbar Abbas (arrestato un mese fa in Pakistan, dove si è in attesa dell'udienza che decida sull'estradizione) e la madre Nazia Shaheen (ancora latitante in patria). Devono tutti rispondere di omicidio premeditato in concorso, sequestro di persona e soppressione di cadavere.

(Unioneonline/D)

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