Il fiume Nevola in tempesta le ha strappato dalle mani Mattia, il suo tesoro di 8 anni. La sera del 15 settembre ha stravolto la vita di Silvia Mereu, la mamma del bimbo speciale vittima dell’alluvione che ha travolto le Marche. «Quella sera è morta una parte di me». Pensiero straziante cucito sul cuore di Silvia, 40 anni, farmacista.

Il dramma

Ha sangue ogliastrino, la donna che ha portato in grembo Mattia Luconi per 9 mesi, l’ha coccolato e visto crescere. Fino a vederselo sfuggire di mano, vinta dall’acqua che aveva invaso la Mercedes Classe A su cui si erano messi in viaggio dopo aver salutato papà Tiziano Luconi. Un dramma atroce. «Forse avrei potuto fare di più per salvarlo», sussurra Silvia. Rimorso che si è insediato come un tarlo nel cuore della dottoressa, legata alle origini dei genitori. Proprio a Urzulei, all’Ogliastra e alla Sardegna intera riserva parole di ringraziamento. «Ho apprezzato ogni iniziativa, ho sentito la Sardegna vicina a me in questo momento: grazie, grazie, grazie».

Il racconto

La piena li ha sorpresi in auto mentre tornavano da Barbara a San Lorenzo in campo. Avrebbe dovuto essere una serata come tante altre, condita dall’adrenalina di Mattia per i primi giorni in terza elementare. «Pioveva tantissimo - racconta Silvia - e ci siamo trovati con l’auto invasa d’acqua. Mattia era seduto sul lato passeggero». Mamma Silvia aveva appena terminato il suo turno nella farmacia di Barbara, era passata a prendere il bambino a casa del papà. A distanza di due settimane dalla tragedia che ha sconvolto l’Italia offre la ricostruzione minuziosa di quei momenti di terrore: «Lungo la strada c’era di tutto, soprattutto rami e tronchi. Quando l’acqua ha invaso l’abitacolo siamo usciti dal finestrino del lato guida». Qui si spengono le luci dei ricordi. Silvia custodisce soltanto frammenti di memorie: «Ho un’immagine visiva di Mattia aggrappato a un ramo. Perlomeno mi sembra di ricordare questo. Siamo scesi, lo tenevo a me, poi mi è scivolato dalle braccia, l’ho visto aggrappato a un tronco poi è stato trascinato via. Io, non sapendo nuotare, mi sono arrampicata, a stento, su una collinetta dove mi hanno recuperato dopo due ore».

Vita stravolta

Silvia Mereu, dopo sette giorni, è stata dimessa ma non c’era il suo Mattia ad attenderla fuori dall’ospedale. Martedì, nel giorno dell’addio al piccolo, è stato proclamato il lutto cittadino anche a Urzulei. Il sindaco, Ennio Arba, ha così voluto interpretare il dolore dell’intera comunità, che nei giorni delle ricerche ha riempito la chiesa di San Giovanni Battista per momenti di intensa preghiera. Un’ordinanza emessa in segno di vicinanza alla famiglia, partita mezzo secolo fa dal paesello ai piedi del Supramonte in cerca di fortuna nelle Marche, dove è piuttosto nutrita la comunità di emigrati di Urzulei. Tra questi anche la famiglia del papà di Silvia, Pasquale Mereu, scomparso una decina d’anni fa. «Ho potuto vedere che la comunità di Urzulei - prosegue mamma Silvia - si è radunata in preghiera e ha invocato San Giorgio. Mattia non era mai stato a Urzulei, ma tanti parenti lo hanno conosciuto quando sono venuti a trovarci qui nelle Marche. Io mi sento sarda, benché sia nata qui. Magari l’estate prossima verrò, per ora posso dire che Urzulei e la Sardegna mi stanno dando una grande forza d’animo nonostante la lontananza fisica. Sono grata a tutti quanti, ci tengo davvero a ribadirlo».

Roberto Secci

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