Gli ci sono voluti 35 anni per elaborare quel doloroso stupro avvenuto in caserma alla Cecchignola nel 1982, per uscire allo scoperto e decidere di raccontare tutto alla stampa, e poi alla procura militare di Roma.

Oggi ha 53 anni e fa l'assessore in un comune del Torinese, ma quell'atto di nonnismo estremo, subito quando di anni ne aveva ancora 17, quello stupro di gruppo di cui è stato vittima nella Città militare alle porte di Roma ha segnato per sempre la sua esistenza.

La violenza si è consumata a fine maggio, ricorda bene i suoi tre aguzzini: "Uno si chiamava Giovanni ed era di Foggia, gli altri due di Bitonto". Erano poco più grandi di lui, ma "insieme si sentivano invincibili".

Erano le due di notte quando lo presero dal letto, gli fecero perdere i sensi sbattendolo di testa al pavimento e lo portarono nella lavanderia per consumare gli abusi. Poi scapparono via.

Dopo due ore il drammatico risveglio: lui nudo e sanguinante sul letto, i "compagni" di camerata che ridevano di lui, il maresciallo che lo copriva con la giacca, il passaggio in infermeria e il ricovero all'ospedale del Celio.

Poi il capitano, che gli impone di insabbiare la vicenda, pena un bel congedo con demerito e nessuna possibilità di accedere ai concorsi. E lui che accetta, mettendo a verbale di essere stato violentato da tre balordi nei pressi della stazione Termini.

Ci è voluta una lunga psicoterapia, ma ora l'uomo ha elaborato la violenza e ha deciso di venire allo scoperto.

La procura lo ha interrogato per ben 7 ore, e ha avviato un'inchiesta sul caso: gli inquirenti hanno già individuato i tre aguzzini e i tre ufficiali che avrebbero coperto la vicenda.

Saranno sentiti tutti dalla Procura militare di Roma.

I reati ipotizzati - lesioni aggravate, minacce, abuso di autorità - sono tutti prescritti, ma gli inquirenti vogliono comunque fare luce sul caso.

(Redazione Online/L)
© Riproduzione riservata